Nuove sui rapporti fra sindrome di Tourette e disturbo ossessivo-compulsivo
LORENZO L. BORGIA
NOTE
E NOTIZIE - Anno IX - 12 novembre 2011.
Testi pubblicati sul sito
www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind
& Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a
fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta
settimanalmente note di recensione di lavori neuroscientifici selezionati dallo
staff dei recensori fra quelli pubblicati
o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra
negli oggetti di studio dei soci afferenti alla Commissione Scientifica.
[Tipologia del testo:
DISCUSSIONE]
Apparentemente
la cosiddetta sindrome
di Tourette, caratterizzata
da tic facciali o vocali, non ha molto in comune con il disturbo
ossessivo-compulsivo,
diagnosticato in base alla presenza di pensieri, impulsi, immagini mentali ricorrenti
o persistenti, spesso intrusive, che si impongono alla coscienza del soggetto (ossessioni), e di comportamenti
ripetitivi o azioni rituali (compulsioni)
che la persona si sente in obbligo di attuare in risposta ad un’ossessione, e
spesso al fine di neutralizzarla, o per
effetto di una convinzione che segue regole soggettive. Eppure, da tempo è
stato riconosciuto un rapporto fra le due condizioni e, più di recente, indagini
genetiche hanno fornito dati che depongono a favore di una radice genetica comune ai due disturbi[1].
Ricordiamo
che la malattia di Gilles de la Tourette,
nome a lungo adottato in nosografia psichiatrica, fu descritta per la prima
volta come sindrome caratterizzata da tic multipli nel 1825 dal
medico-psichiatra francese Itard. Nel 1885 comparve negli Archives de Neurologie un lavoro firmato da Gilles de la Tourette,
basato sull’osservazione clinica condotta su nove casi della sindrome descritta
sessant’anni prima e intitolato: “Studio su un’affezione nervosa caratterizzata
da incoordinazione motoria accompagnata da ecolalia e coprolalia”. Attualmente
la condizione è definita Disturbo di Tourette e classificata nell’ultima edizione del manuale diagnostico-statistico
dell’associazione nazionale degli psichiatri statunitensi (DSM) fra i disturbi diagnosticati nell’infanzia, nella
fanciullezza e nell’adolescenza, con il codice F95.2, corrispondente al
307.23 dell’ICD-10 dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
I
sintomi fondamentali, in genere, appaiono per la prima volta nell’infanzia e,
comunque, non oltre i 18 anni, e sono rappresentati da tic motori multipli e uno o più tic vocali, che possono insorgere
contemporaneamente o aggiungersi nel tempo, con l’evolversi delle
manifestazioni cliniche di malattia. Per porre la diagnosi è necessario che i
tic si manifestino numerose volte nel corso di una giornata, con un andamento
ricorrente e per un periodo di almeno un anno. Durante questo tempo gli
intervalli privi di tic sono in genere brevi, ma quando sono lunghi non
superano mai i tre mesi. Per porre la diagnosi è necessario, naturalmente,
escludere tic dovuti all’assunzione di sostanze stimolanti o altre molecole
attive sul sistema nervoso, così come i tic secondari a malattie neurologiche o
internistiche (ad es. la malattia di Huntington, l’encefalite postvirale,
ecc.). I movimenti
patologici,
caratterizzati da spasmo repentino e involontario, possono riguardare faccia,
testa, tronco ed arti, e possono essere sia semplici (ammiccamento) che
complessi (accovacciarsi, inginocchiarsi, ecc.). La coprolalia, che consiste in genere nello sbottare improvvisamente
parole oscene o sconvenienti, è presente in meno del 10% delle persone affette
e da molto tempo non costituisce criterio per la diagnosi.
In
precedenti studi di osservazione sugli affetti da sindrome di Tourette, era
stata rilevata la concomitanza del disturbo ossessivo-compulsivo in una frazione sorprendentemente
alta di casi e compresa fra il 50% e il 70% del totale di ciascuno dei gruppi
di pazienti esaminati. Ora, altri rilievi sperimentali e uno studio di neuroimaging condotto Andrew Feigin,
sembrano fornire elementi sufficienti per cominciare a delineare con
sufficiente certezza un quadro degli aspetti comuni e differenti, soprattutto
per ciò che concerne l’attività cerebrale che sarebbe alla base della
fisiopatologia.
Per
tale ragione, il Presidente della Società Nazionale di Neuroscienze, Giuseppe
Perrella, ha convocato i gruppi di studio
strutturali di neurogenetica, neuropatologia, psichiatria molecolare e
psichiatria clinica della società, per un incontro di aggiornamento su questo
tema. All’incontro hanno preso parte numerosi soci ed allievi, e sono
intervenuti con proprie relazioni - oltre al Presidente Perrella - Nicole
Cardon, Diane Richmond, Ludovica R. Poggi, Simone Werner, Mario Nardi, Giovanna
Rezzoni e Roberto Colonna. Giovanni Rossi, in qualità di socio decano, ha
aperto i lavori rivolgendo un indirizzo di saluto e di buon lavoro
all’assemblea dei partecipanti; a sua volta, il Presidente, a nome di tutti i
soci, ha porto al professor Rossi i migliori auguri per una completa guarigione
dalla sua recente malattia.
Qui
di seguito si riferiscono, in estrema sintesi, i principali spunti che hanno
dato luogo alla discussione che ha seguito le relazioni.
Quasi
tutti hanno fatto riferimento al lavoro di neuroimaging
di Andrew Feigin e colleghi, che è stato condotto con l’apporto di 24
volontari: 12 soggetti in apparenti condizioni di buona salute e privi di
disturbi psichiatrici, e 12 diagnosticati di sindrome di Tourette, non trattati
farmacologicamente e in parte affetti da disturbo ossessivo-compulsivo. Il cervello
di tutti è stato studiato mediante tomografia ad emissione di positroni (PET),
metodica di medicina nucleare che, prima dell’introduzione della risonanza
magnetica funzionale, ha rappresentato la principale modalità di
visualizzazione dell’attività delle singole aree e strutture dell’encefalo in
funzione.
Le
scansioni tomografiche hanno rivelato negli affetti da sindrome di Tourette una
maggiore attività, rispetto ai volontari sani fungenti da “gruppo di
controllo”, nella corteccia premotoria e nel cervelletto, regioni che gestiscono e mediano
varie forme di controllo
motorio, e una minore
attività nell’area del corpo striato
e nella corteccia
orbitofrontale, aree
implicate nei processi decisionali e
nell’apprendimento. Tali evidenze sembrano supportare
l’ipotesi secondo cui i sintomi del disturbo insorgerebbero dalla incapacità
del cervello di sopprimere azioni abnormi usando abilità dei processi
decisionali.
Un
altro aspetto emerso da questo lavoro, cui si sono riferiti la maggior parte
dei relatori, riguarda la comparazione fra i patterns di attività PET degli affetti dalla sola sindrome di
Tourette e i patterns dei pazienti
diagnosticati anche di disturbo ossessivo-compulsivo. Coloro che erano affetti
da entrambe le sindromi presentavano una maggiore attività nella corteccia motoria primaria e nel precuneo, una formazione del lobo parietale
che ha un ruolo importante nell’autoconsapevolezza.
Studi
precedenti avevano rilevato che nelle persone con entrambi i disturbi, la tipica alterazione
dell’ideazione e del pensiero, ossia la sintomatologia ossessiva, appariva meno
espressa ed invadente, mentre le compulsioni, come il lavarsi le mani numerose volte ed effettuare
ripetute verifiche degli atti compiuti, incidevano maggiormente. I reperti PET
di Feigin e colleghi sembrano fornire una plausibile base neurobiologica a
queste osservazioni: l’aumentata attività nel precuneo potrebbe riflettere gli sforzi coscienti posti in essere per resistere e allontanare i pensieri
ossessivi e, verosimilmente, anche l’abilità nel riuscirvi; la maggiore
attività della corteccia motoria potrebbe riflettere il maggiore ricorso ad azioni materialmente compiute come quelle
di tipo compulsivo.
E’
interessante notare che gli studi più recenti hanno riconosciuto reti neuroniche diverse e ben distinte alla base delle due
sindromi. In altri termini, la localizzazione anatomica dei circuiti interessati appare indipendente; tuttavia,
in termini fisiologici, i sistemi
attivi sono implicati in ambiti simili, come il processo decisionale e l’attività
motoria.
Una
sfida per la ricerca consisterà nello stabilire l’esatto rapporto molecolare e
cellulare fra i geni individuati, l’endofenotipo e la fisiologia che determina
il reale sviluppo dei sintomi nella loro dimensione di esperienza psichica
soggettiva e di comportamento oggettivamente osservato.
L’autore della nota invita alla
lettura delle recensioni di lavori di argomento connesso che compaiono nelle
“Note e Notizie” (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA” del sito).
[1] Per una rassegna divulgativa ma di buon livello scientifico sull’argomento, si veda il seguente articolo: Melinda Wenner Moyer, Obsessions Revisited. Scientific American Mind, May/June, 2011.