Terapia col gene FGF2 efficace nella malattia di Alzheimer
NICOLE CARDON
NOTE
E NOTIZIE - Anno IX - 12 novembre 2011.
Testi pubblicati sul sito
www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind
& Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a
fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta
settimanalmente note di recensione di lavori neuroscientifici selezionati dallo
staff dei recensori fra quelli
pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui
argomento rientra negli oggetti di studio dei soci afferenti alla Commissione Scientifica.
[Tipologia del testo:
RECENSIONE]
L’ippocampo nel cervello dei mammiferi adulti
ha un ruolo di fondamentale importanza nella formazione della memoria, nella plasticità sinaptica e nella neurogenesi. In particolare, la zona
sub-granulare del giro dentato dell’ippocampo contiene cellule progenitrici
neurali con potenzialità di auto-rinnovamento e differenziazione in linee
cellulari diverse. L’espressione transgenica di mutanti di β-APP (β-amyloid precursor protein) e
presenilina-1 associati alla malattia di Alzheimer, porta ad una significativa inibizione della neurogenesi, che sembra essere legata alla perdita di memoria dipendente dall’età. Tomomi Kiyota
e colleghi, per studiare gli effetti della neurogenesi sulle funzioni cognitive
di un rilevante modello sperimentale della malattia di Alzheimer, hanno inviato
il gene FGF2 mediante virus adenoassociato sierotipo 2/1 ibrido (AAV2/1-FGF2) al
DNA dei neuroni dell’ippocampo, bilateralmente, in ceppi di topi bigenici APP+presenilin-1. La verifica degli
effetti mediante tests standard ha
fatto registrare risultati molto significativi (Kiyota T., et
al. FGF2 gene transfer restores hippocampal functions
in mouse models of Alzheimer’s disease and has therapeutic implications for
neurocognitive disorders. Proceedings of
the National Academy of Science USA [Epub ahead of print
doi:10.1073/pnas.1102349108], 2011).
I ricercatori fanno capo ai
seguenti istituti: Departments of Pharmacology and Experimental Neuroscience,
University of Nebraska Medical Center, Omaha; Laboratory of Molecular
NeuroTherapeutics, Departments of Pharmacology and Experimental Therapeutics
and Neurology, and Alzheimer’s Disease Center, Boston University School of
Medicine, Boston.
I fattori di crescita del fibroblasto (FGF, da fibroblast
growth factor), inizialmente identificati in base alla capacità di
stimolare la proliferazione dei fibroblasti, hanno una estesa distribuzione in
tutto il corpo e agiscono su un grande numero di tipi cellulari. Nel sistema
nervoso maturo hanno livelli di concentrazione significativi solo due tipi di
FGF, ossia FGF-1 (noto
anche come FGF acido) ed FGF-2 (noto
anche come FGF basico), ma la loro quantità è di gran lunga superiore a quella
di alcuni altri fattori di crescita: ad esempio, il livello di FGF-1 è circa 500
volte maggiore e FGF-2 è circa 50 volte maggiore dell’NGF scoperto da Rita
Levi-Montalcini. FGF-2 è abbondantemente espresso dagli astrociti, ma è
reperito in quantità significative anche nei neuroni piramidali dell’ippocampo;
ha effetti trofici sulla maggior parte delle cellule nervose del sistema
nervoso centrale. FGF-2 è in grado di stimolare la proliferazione di cellule
staminali multipotenti che maturano dando luogo a neuroni della corteccia
cerebrale e di altre aree dell’encefalo.
Gli animali cui era stato iniettato AAV2/1-FGF2, sia ad uno stadio
pre-sintomatico che ad uno stadio post-sintomatico, hanno mostrato un apprendimento spaziale significativamente migliorato
nella tipica prova del radial arm water
maze test. Lo studio neuropatologico ha dimostrato che l’iniezione di
AAV2/1-FGF2 ha aumentato il numero di cellule positive a doublecortin,
BrdU/NeuN e c-fos, nel giro dentato, e la clearance del peptide β-amiloide
fibrillare nell’ippocampo.
In
un altro modello sperimentale murino della malattia di Alzheimer (J20),
l’iniezione di AAV2/1-FGF2 si è rivelata in grado di determinare un potenziamento di lungo
termine (LTP), base cellulare della memoria, in
esperimenti che hanno posto a confronto l’effetto su questi roditori con quello
dell’iniezione di AAV2/1-GFP in topi fungenti da controllo.
Uno
studio in vitro ha confermato lo stimolo alla neurogenesi delle cellule staminali neurali di
topo mediante la diretta infezione con AAV2/1-FGF2 in una modalità sensibile
agli oligomeri Aβ.
Altri
esperimenti hanno dimostrato che FGF2 stimola la fagocitosi di β-amiloide in colture
primarie di microglia, e riduce la produzione di β-amiloide da parte di neuroni in coltura primaria, dopo
infezione con AAV2/1-FGF2.
Presi
nel complesso i risultati di questa sperimentazione, per i cui dettagli si
rimanda alla lettura del testo integrale del lavoro originale, indicano che il
trattamento virus-mediato con il gene FGF2 può essere candidato a potenziale terapia sperimentale per la malattia di Alzheimer e per
altri deficit neurocognitivi a patogenesi simile.
L’autrice della nota ringrazia la
dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla
lettura delle recensioni di lavori di argomento connesso che compaiono nelle
“Note e Notizie” (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA” del sito).