Alterazione da antidepressivi dei circuiti corticali in sviluppo

                                                                                                                                           

 

LUDOVICA R. POGGI

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno IX - 05 novembre 2011.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente note di recensione di lavori neuroscientifici selezionati dallo staff dei recensori fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci afferenti alla Commissione Scientifica.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

La nostra società scientifica segue da molti anni la ricerca sulle azioni desiderate e indesiderate sul cervello in corso di sviluppo degli antidepressivi[1], in particolare quelli appartenenti alla classe farmacodinamica degli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI). Sulla base di alcuni studi che proverebbero l’innocuità di questi farmaci sul prodotto del concepimento, si sta diffondendo sempre più la prescrizione di SSRI per sindromi e disturbi depressivi in gravidanza, così come la mancata sospensione durante il periodo gestazionale di trattamenti antidepressivi con queste molecole istaurati in precedenza e il loro impiego in terapia pediatrica ad età sempre più precoci. Sono noti da tempo elementi, considerati da molti neuropsicofarmacologi piuttosto generici, a sfavore della somministrazione precoce degli SSRI, così come è nota l’esistenza di una potenziale nocività in gravidanza[2].

Nel gennaio 2003 la Food and Drug Administration (FDA) riportò i primi dati sfavorevoli all’impiego di antidepressivi in età evolutiva, provenienti da uno studio che dimostrava un effetto di diminuzione della crescita in ragazzi che avevano assunto Prozac per 19 settimane. Questi dati, così come altri riscontri analoghi emersi in vari studi condotti in tutto il mondo, in parte furono trascurati perché non fornivano - si disse - chiare prove di danni del sistema nervoso centrale, in parte furono messi in dubbio o confutati in base alle tesi di ricercatori che non potevano considerarsi del tutto scevri da una bias favorevole all’uso degli antidepressivi.

Una svolta si ebbe nel 2004, grazie agli studi del gruppo di ricerca di Jay A. Gingrich, professore di psichiatria e ricercatore presso il laboratorio del Sackler Institute for Developmental Psychobiology della Columbia University[3], che rilevò e dimostrò precise alterazioni in aree serotoninergiche come il nucleo del rafe dorsale; tuttavia, negli anni successivi si è assistito ad un persistere delle contrapposizioni e, ancora oggi, il dibattito è lungi dall’essersi esaurito.

L’importanza durante lo sviluppo e, al contempo, la vulnerabilità dei sistemi serotoninergici, bersaglio di questi farmaci, sembrava dimostrata e, in proposito, ho avuto modo di osservare alcuni anni fa: “Da tutti i dati emersi dalla sperimentazione, Gingrich e i suoi colleghi hanno dedotto che la trasmissione serotoninergica ha un ruolo fondamentale nella maturazione dei sistemi che modulano le funzioni emozionali nell’adulto, ed è sufficiente un’assunzione temporanea di Prozac in età precoci per alterare il normale schema dei collegamenti neurali di alcune aree”[4].

Attualmente, la maggior parte dei ricercatori che lavora in quest’area è convinta che la serotonina (5-HT) svolga un ruolo-chiave nello sviluppo precoce dell’encefalo e che la manipolazione dei livelli di 5-HT durante questa fase della vita possa avere conseguenze durature, sia sul piano neurobiologico che su quello comportamentale. Non è ancora chiaro, però, il modo in cui l’esposizione perinatale agli SSRI agisca sulla funzione delle reti di neuroni della corteccia cerebrale e quali meccanismi possano disintegrare, sia pure parzialmente, le normali connessioni/interazioni fra neuroni.

Kimberly Simpson e colleghi della University of Missisippi (Departments of Neurobiology and Anatomical Sciences, Psychiatry and Human Beaviour, Pediatrics, Pharmacology and Toxicology) e della University of California at San Francisco (W. M. Keck Center for Integrative Neuroscience), hanno indagato gli effetti di un SSRI sul cervello di roditori di laboratorio in corso di sviluppo, ottenendo risultati di notevole interesse (Simpson K. L., et al. Perinatal antidepressant exposure alters cortical network function in rodents. Proceedings of the National Academy of Science USA [Epub ahead of print doi:10.1073/pnas.1109353108], 2011).

I ricercatori hanno studiato l’organizzazione anatomica delle connessioni in formazione, dopo un’esposizione prenatale e postnatale al citalopram. La manipolazione delle vie a 5-HT nei modelli sperimentali dello stato depressivo durante le fasi precoci dello sviluppo, sia in vivo che in vitro, ha causato alterazioni nelle caratteristiche chemio-architettoniche ed elettrofisiologiche in molte aree del cervello. In particolare, sono state osservate modificazioni nella configurazione delle connessioni delle regioni del rafe e del corpo calloso, alterazioni nella formazione della guaina mielinica oligodendrocitica e nell’elaborazione dell’input sensoriale.

L’esposizione dei piccoli di ratto al citalopram ha fatto registrare anche evidenti conseguenze sul comportamento, ritenute analoghe di disturbi psichici umani. I ricercatori, infatti, hanno registrato neofobia e perdita del comportamento di gioco fisiologicamente caratterizzante l’età giovanile.

Nell’insieme i risultati della sperimentazione condotta da Kimberly Simpson e colleghi, per il cui dettaglio si rimanda alla lettura integrale del testo del lavoro, chiaramente indicano che  l’omeostasi dei sistemi che adottano come neurotrasmettitore la 5-HT ha grande importanza per una maturazione cerebrale fisiologica, e può essere facilmente compromessa dall’esposizione del feto o del lattante ad un SSRI estesamente prescritto. Pertanto, la somministrazione di questi farmaci in gravidanza dovrebbe essere sospesa e nell’esame anamnestico delle madri di bambini con disturbi pervasivi dello sviluppo come l’autismo dovrebbe essere sempre verificata la presenza di un trattamento farmacologico antidepressivo.

 

L’autrice della nota invita alla lettura delle recensioni di lavori di argomento connesso che compaiono nelle “Note e Notizie” (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA” del sito).

 

Ludovica R. Poggi

BM&L-05 novembre 2011

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] Vedi nella sezione “IN CORSO ” l’articolo “Danni da antidepressivi al cervello giovane”, dal quale sono tratti anche altri riferimenti alla ricerca in questo campo.

[2] Nocività contraddetta ma non smentita convincentemente - a nostro avviso - da risultati citati a sostegno di questo orientamento. E’ importante rilevare che gli studi farmacologici con esiti favorevoli, in generale, difettano per una durata troppo breve dei periodi di somministrazione sperimentale, non in grado di simulare i tempi dei trattamenti clinici.

[3] Per i dettagli degli interessanti risultati ottenuti da questo gruppo, si veda il citato articolo “Danni da antidepressivi al cervello giovane”.

[4] Op. cit.