La
corteccia prefrontale mediale predice gli esiti delle azioni
DIANE RICHMOND
NOTE E
NOTIZIE - Anno IX - 24 settembre 2011.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale
di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie
o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione
“note e notizie” presenta settimanalmente note di recensione di lavori
neuroscientifici selezionati dallo staff
dei recensori fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori
riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci afferenti
alla Commissione Scientifica.
[Tipologia del testo:
RECENSIONE]
Un
nuovo modello fisiologico della corteccia
prefrontale mediale
sembra aver risolto il rompicapo della sua funzione di base.
Con
la denominazione corteccia prefrontale
mediale si intende un
territorio che include parti delle aree 8 e 10, e le aree 12, 24 e 32 della
mappa citoarchitettonica di Brodmann. Le ultime due aree costituiscono nel loro
insieme la corteccia cingolata anteriore. La maggior parte della corteccia
mediale del lobo frontale è implicata nell’attenzione e nella motilità somatica secondo modalità funzionali che non sono ancora
completamente comprese; per tale ragione i disturbi originati da lesioni
mediali non sono bene definiti neurologicamente, eccetto il caso del danno di
grande estensione. Le lesioni della regione
cingolata anteriore
generalmente causano ipocinesia o acinesia, in dipendenza della grandezza, e
si accompagnano ad un deficit nell’auto-monitoraggio del comportamento e alla perdita
dell’abilità di correggere gli errori. Nelle lesioni bilaterali si ha di
frequente mutismo acinetico, spesso accompagnato da
deterioramento neurovegetativo. Storicamente, l’effetto più rilevante nei
pazienti con lesioni della regione cingolata anteriore è la cataplessia (Ethelberg, 1950) consistente nella perdita generale e
parossistica del tono muscolare a seguito di una forte emozione[1].
La patogenesi della cataplessia frontale rimane tutt’oggi oscura.
In
sintesi, si può dire che la corteccia prefrontale mediale, e in special modo
nella sua regione cingolata anteriore, ha un ruolo centrale per le funzioni cognitive di alto livello e la sua lesione causa numerosi e
gravi disturbi clinici, tuttavia il suo ruolo fisiologico di base rimane oggetto
di disputa.
Varie
teorie in competizione fra loro, basandosi sui risultati di studi
neurofisiologici e di neuroimmaging condotti
su volontari e su scimmie, hanno riguardato gli effetti degli errori, il
conflitto, la probabilità di errore, la volatilità e la ricompensa. Nessun
singolo elaborato teorico finora proposto è in grado di rendere conto della
varietà, veramente ampia ed eterogenea dei risultati delle osservazioni, e
ricondurla ad una coerenza rispetto ad un unico principio interpretativo;
dunque il modello proposto da Alexander e Brown costituisce un’assoluta novità
e, si spera, un importante punto di partenza per gli studi futuri (Alexander H. A. & Brown J. W. Medial prefrontal
cortex as an action-outcome predictor. Nature
Neuroscience [Epub ahead of print doi:10.1038/nn.2921], 2011).
I
due ricercatori, che lavorano presso il Department of Psychological and Brain
Sciences, Indiana University, Bloomington (Indiana, USA), hanno proposto un modello molto semplice, basato sulle regole standard che si applicano ai processi di apprendimento, ma in grado di simulare ed unificare una gamma mai
considerata in precedenza di effetti che si rilevano nella corteccia
prefrontale mediale.
Il
modello, per i cui dettagli descrittivi si rimanda alla lettura del lavoro
originale, consente di reinterpretare molti effetti noti dalla sperimentazione
precedente e suggerisce una nuova visione della fisiologia di questa regione
corticale. Infatti, alla luce della costruzione teorica di Alexander e Brown,
la corteccia prefrontale mediale, inclusa la corteccia cingolata anteriore
dorsale, sembra essere una regione specificamente dedicata all’apprendimento e alla previsione della probabilità dei risultati delle azioni, sia positivi che negativi, registrando l’evento che
contraddice la previsione tanto quanto quello che la conferma, così da
integrare gli esiti effettivi dell’esperienza nelle memorie di processo che
elaboreranno le successive azioni.
Nel
suo insieme, la visione che ha ispirato il modello suggerisce che il controllo
cognitivo al livello neurale può essere visto come il risultato della
valutazione dei risultati reali delle azioni in rapporto con la probabilità di
quelli attesi sulla base delle precedenti esperienze di apprendimento. Il
prosieguo degli studi in questo campo sarà la migliore verifica delle idee di
Alexander e Brown.
L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella
Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni
di lavori di argomento connesso che compaiono nelle “Note e Notizie” (utilizzare
il motore interno nella pagina “CERCA” del sito).
[1] Fuster propone l’esempio di un paziente che, per effetto di una intensissima emozione causatagli dall’assistere ad un evento sportivo trasmesso per televisione, cadde a terra con una tale perdita di tono muscolare da essere incapace di raccogliere la sigaretta, che gli era caduta di bocca, e che stava bruciando il tappeto (Cfr. p. 199 di Joaquin M. Fuster, The Prefrontal Cortex. Elsevier Academic Press, 2008).