Funzioni cognitive e percettive del talamo

                                                                                                                                           

 

GIOVANNI ROSSI

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno IX - 10 settembre 2011.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente note di recensione di lavori neuroscientifici selezionati dallo staff dei recensori fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci afferenti alla Commissione Scientifica.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

In attesa di conferme sperimentali di ipotesi del passato sul ruolo del talamo nella fisiologia cerebrale, si è andata affermando una visione pragmatica che, focalizzando l’interesse sui processi corticali, ha continuato a proporre per questo importante complesso nucleare uno stereotipo operativo di passiva stazione di collegamento fra la periferia sensoriale e la corteccia cerebrale. Ma i risultati emergenti da una notevole mole di studi, non offrono più alibi a chi voglia trascurare le straordinarie funzioni di regolazione che rendono i nuclei talamici parte attiva nei complessi processi alla base della percezione e della cognizione.

Yuri B. Saalmann e Sabine Kastner dell’Istituto di Neuroscienze dell’Università di Princeton, hanno pubblicato di recente sulla rivista Neuron una dettagliata rassegna di lavori influenti e recenti sulla fisiologia del complesso nucleare diencefalico, proponendo in una interessante discussione la funzione svolta dal talamo visivo nell’attenzione, nella consapevolezza e nelle azioni guidate dall’informazione visiva, come modello del ruolo del talamo in generale, nella neurofisiologia della percezione e della cognizione (Saalmann Y. B. & Kastner S. Cognitive and perceptual function of the visual thalamus. Neuron 71 (2), 209-223, 2011).

Ma, prima di esporre in una sintesi concettuale i risultati principali degli studi più recenti, entriamo in argomento con qualche osservazione introduttiva e con alcune nozioni morfologiche e funzionali di base, che possono aiutarci a collocare le nuove acquisizioni nel quadro delle conoscenze classiche.

Il termine talamo nell’antica Grecia indicava la stanza nuziale, la camera da letto degli sposi, o più semplicemente il letto che, secondo la tradizione seguita dallo stesso Ulisse, veniva realizzato personalmente dallo sposo. Il vocabolo, nei secoli successivi, fu conservato nel lessico dalla marineria di tutto il mondo per indicare una camera coperta situata a poppa nei grandi velieri. Si ritiene che l’idea di “comparto importante” per la fisiologia del cervello, più della localizzazione al di sotto del telencefalo, come un letto per le funzioni superiori, possa aver determinato la scelta di Galeno (Pergamo, 129 o 130 – Roma, 199 d.C.)[1] di denominare thalamos questo agglomerato di nuclei diencefalici.

Anatomicamente, il talamo[2] è una voluminosa formazione diencefalica[3] pari e simmetrica di forma ovoidale e di colorito caffelatte, con il polo posteriore di maggiore dimensione e il grande asse diretto da dietro in avanti con una inclinazione che va dall’esterno verso l’interno in modo da formare un angolo di 30° con la linea mediana. Ciascuno dei due ovoidi talamici, lungo dai 35 ai 40 millimetri, largo dai 18 ai 22 e alto dai 20 ai 25, è disposto ai lati del terzo ventricolo, così che la sua faccia mediale nei due terzi anteriori forma la parete di questa cavità, e nei due terzi posteriori, maggiormente divergenti, delimita uno spazio nel quale sono inclusi i tubercoli quadrigemelli[4].

Al suo interno il talamo è costituito da addensamenti nucleari di corpi neuronici descritti secondo un criterio topografico: una lamina verticale di sostanza bianca in forma di “Y” consente una prima ripartizione in gruppi di nuclei anteriori, mediali e laterali. A questi si aggiungono i nuclei intralaminari, quelli della linea mediana e il nucleo reticolare. Il gruppo dei nuclei laterali è il più interessante in quanto include il ventroposterolaterale (riceve il lemnisco mediale)[5], il ventroposteromediale (riceve il lemnisco trigeminale) e i nuclei genicolati laterale (via visiva) e mediale (via acustica)[6].

Il talamo trasmette una enorme quantità di informazioni provenienti dall’esterno e dall’interno del corpo alla corteccia cerebrale, con la quale è in rapporto attraverso il sistema reciproco e rientrante di fibre talamo-corticali e cortico-talamiche. La corteccia, che invia al talamo impulsi generati da vari stadi della sua elaborazione interna, forma con questo complesso nucleare un sistema quasi assoluto di rapporto funzionale, in quanto l’input diretto alla corteccia senza la mediazione talamica costituisce una parte veramente esigua del totale degli stimoli afferenti. Per la verità, l’idea che il rapporto con il talamo costituisca il fulcro della fisiologia corticale non è nuova: all’inizio del secolo scorso Monakow (1904) usò l’evidenza della degenerazione retrograda nel talamo dopo una lesione corticale frontale, come argomento contro la teoria di Flechsig (1901, 1920), secondo cui l’unico ruolo della corteccia cerebrale prefrontale fosse quello di associare eventi neurali che si verificano in altre aree corticali[7].

Con lo sviluppo di metodologie e tecniche di studio efficienti e selettive, negli ultimi decenni del Novecento è stata ampiamente dimostrata l’importanza delle connessioni talamocorticali, a partire da quella con il nucleo dorsomediale[8] documentata nel ratto, nel topo, nel coniglio, nel gatto, nel cane, nella scimmia e, infine, nell’uomo.

Del talamo è stata estensivamente studiata l’organizzazione anatomica, la configurazione delle connessioni afferenti ed efferenti, le proprietà di risposta neurale di base e le caratteristiche sinaptiche, biochimiche e molecolari (Jones, 2007; Sherman e Guillery, 2006)[9], ma non si è riusciti a comprendere il modo in cui interviene nella percezione e nella cognizione.

Gli interessanti studi condotti nelle ultime decadi su scimmie sveglie in attività, sono stati rivolti quasi esclusivamente alla definizione dei ruoli di aree corticali nell’attenzione, nella memoria, nelle decisioni e in altri processi cognitivi. Allo stesso modo, le indagini condotte sul cervello umano mediante metodiche di neuroimaging hanno privilegiato lo studio delle reti corticali e trascurato i sistemi sottocorticali; ciò si è verificato, in parte, anche a causa di limiti tecnici in termini di risoluzione spaziale. Solo negli ultimi anni si è assistito ad un ritorno di interesse per lo studio del ruolo del talamo nei processi percettivi e cognitivi, grazie soprattutto allo sviluppo di tecniche di risonanza magnetica funzionale ad alta risoluzione, che hanno permesso per la prima volta di studiare la funzione del talamo umano ad un livello di dettaglio impensabile fino ad alcuni anni fa[10]. Tali dati hanno rappresentato un nuovo stimolo anche per i neurofisiologi che studiano in vivo i primati sub-umani.

Il lavoro di rassegna e discussione qui recensito impiega il talamo visivo come “sistema modello” per esemplificare i nuovi punti di vista che emergono da questi studi circa il ruolo dell’insieme dei nuclei talamici nella percezione e nella cognizione.

Il talamo visivo consiste di tre nuclei principali: il nucleo genicolato laterale (LGN, da lateral geniculate nucleus), il nucleo reticolare talamico (TRN, da thalamic reticular nucleus) e il pulvinar. Queste tre strutture sono caratterizzate da specifici schemi di connessione afferente ed efferente.

Evidenze emerse complessivamente dalle indagini recenti suggeriscono che il talamo visivo svolge una funzione fondamentale di regolazione della trasmissione delle informazioni alla corteccia e fra aree corticali in rapporto al contesto funzionale.

E’ stato dimostrato che l’attenzione selettiva e la consapevolezza visiva modulano l’attività del nucleo genicolato laterale che, dunque, su questa base filtra l’informazione visiva prima che raggiunga la corteccia.

Il contesto comportamentale sembra agire in maniera anche più marcata nel modulare l’attività del pulvinar. Questo nucleo, che corrisponde al polo talamico posteriore, a motivo delle sue connessioni è posto in una condizione ideale per influenzare la trasmissione delle informazioni a feedback e a feedforward fra le aree corticali.

Poiché il nucleo reticolare talamico fornisce un forte input inibitorio sia al nucleo genicolato laterale che al pulvinar, si suppone che possa controllare e coordinare l’informazione trasmessa lungo le vie retino-corticali e cortico-corticali.

Il talamo visivo può essere impiegato come un utile modello neurofunzionale dell’intero talamo, perché tutti i domini senso-motori che lo costituiscono presentano meccanismi cellulari e principi di connettività comuni.

In particolare, il corpo genicolato laterale e il pulvinar possono fungere da modelli di nuclei talamici, rispettivamente di primo livello e di più alto ordine[11], sotto il controllo inibitorio dei settori associati del nucleo reticolare talamico. E’ interessante notare che, ricevendo fibre dal nucleo del tubercolo quadrigemello superiore (o collicolo superiore), il pulvinar forma una via talamo-corticale extragenicolata, costituendo in tal modo un ottimo modello per lo studio dei nuclei talamici di alto ordine che ricevono informazioni sensoriali dal tronco encefalico, ossia nuclei che presentano caratteristiche miste di primo livello ed alto ordine nell’organizzazione dell’elaborazione.

Le numerose domande circa l’esatto ruolo del talamo visivo e, in particolare, del pulvinar e del nucleo reticolare nei processi percettivi e intellettivi, trovano risposte solo parziali e frammentarie nei lavori già pubblicati, in quanto non è ancora possibile definire un rapporto diretto fra gli eventi indagati al livello neurofunzionale e le operazioni cognitive. Ad esempio, se vi sono molti studi in vitro e in preparazioni in vivo con animali anestetizzati dei meccanismi cellulari implicati nella trasmissione talamo-corticale, mancano lavori condotti con una metodologia in grado di mettere in rapporto e vagliare sperimentalmente i dettagli dei meccanismi neurobiologici indagati, con eventi cerebrali ordinariamente descritti e studiati con i metodi della psicofisiologia, delle neuroscienze cognitive, della neuropsicologia, dell’osservazione psicologica fenomenica, ecc. Perciò, le modalità di attivazione delle popolazioni neuroniche talamiche e la loro attività oscillatoria non si possono ancora correlare con precisi eventi di elaborazione percettiva e cognitiva, ma solo associare in maniera generica sulla base di una ragionevole evidenza.

Per questa ragione sono necessari ancora molti studi di elettrofisiologia di base del talamo, in animali che eseguono prove di percezione e cognizione.

Un altro aspetto che richiede approfondimento, riguarda i circuiti di influenza reciproca fra nuclei talamici a seguito dell’input corticale. Ad esempio, se è bene comprovato che l’attenzione selettiva è in grado di modulare l’attività neurale all’interno del nucleo genicolato laterale, del pulvinar e del nucleo reticolare talamico, non è affatto chiaro come il nucleo reticolare interagisca con gli altri due e come il talamo interagisca con la corteccia in dipendenza del contesto funzionale.

Per chiarire queste questioni bisogna indagare proprietà di rete usando registrazioni simultanee di aree corticali e talamiche in animali vigili e coscienti (non anestetizzati).

La scarsità di studi su animali può essere addebitata, oltre che al preconcetto secondo cui la cognizione è esclusivo dominio della corteccia, anche alla difficoltà metodologica di raggiungere con precisione le singole aree all’interno del talamo. Le proporzioni di questo problema si sono ridotte da quando l’imaging strutturale dell’encefalo di macaco è diventato routine. Un ulteriore progresso si è avuto con la combinazione dell’elettrofisiologia con la stimolazione elettrica o con la tecnica DTI (diffusion tensor imaging)[12], così da ottenere l’individuazione di sub-regioni di nuclei talamici in base alla loro connettività.

Se la partecipazione attiva all’elaborazione percettiva e cognitiva da parte del talamo sembra sufficientemente provata e confermata, l’esatta definizione dei ruoli secondo le categorie della fisiologia classica rimane molto problematica, e ciò non solo per la necessità di approfondire e dettagliare processi e meccanismi, ma soprattutto perché i risultati di questa ricerca segnalano la necessità di elaborare nuove cornici interpretative basate sull’interazione fra sistemi, e di abbandonare definitivamente la concezione ingenua che considerava le singole strutture dell’encefalo come organi con un preciso e distinto compito macrofunzionale. La corteccia cerebrale non è la sede esclusiva della cognizione, i cui processi richiedono l’attività di sistemi che includono i nuclei della base, il talamo, il cervelletto ed altre aree sottocorticali.

 

L’autore della nota ringrazia il presidente della Società Nazionale di Neuroscienze, professor Giuseppe Perrella, col quale ha esteso il testo di una relazione su questo argomento, dalla quale è tratta la presente nota, ed invita alla lettura delle recensioni di lavori di argomento connesso che compaiono nelle “Note e Notizie” (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA” del sito).

 

Giovanni Rossi       

BM&L-10 settembre 2011

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] Galeno, mitico medico greco nato a Pergamo (oggi Bergama, Turchia), di cultura aristotelica, neoplatonica e stoica (Crisippo di Soli), si professò sempre filosofo. Esercitò soprattutto a Roma dove, dopo un primo periodo (161-166) in cui operò sotto la protezione del console Flavio Boeto, ritornò come medico personale dell’Imperatore Marco Aurelio e curò Settimio Severo, Caracalla e vari altri personaggi di spicco del tempo. Descrisse le diramazioni del nervo Vago e l’innervazione dei muscoli respiratori; individuò la legge dell’innervazione antagonista e circoscrisse il concetto di muscolo a quello scheletrico, in base al fatto che la sua contrazione è soggetta alla volontà, a differenza di quanto accade per la muscolatura dei visceri. I suoi numerosi errori anatomici, rilevati da Vesalio in poi, hanno fatto cadere in discredito la sua opera in epoca moderna.

[2] Il talamo propriamente detto è una formazione grigia diencefalica indicata tradizionalmente in anatomia con il nome di talamo dorsale per distinguerla dalle formazioni subtalamiche definite talamo ventrale.

[3] Il diencefalo è con il telencefalo una delle due parti in cui è ripartito il cervello secondo un criterio embriologico. Il diencefalo è costituito dall’epitalamo (le abenule e la commessura posteriore), dal talamo, dal subtalamo e dall’ipotalamo. Anche una parte delle vie ottiche appartiene al diencefalo, ossia il chiasma e i tratti ottici.

[4] I tubercoli quadrigemini o collicoli, due superiori e due inferiori, caratterizzano la lamina quadrigemina, formazione del mesencefalo e, pertanto, anatomicamente ascritta al tronco encefalico e non al cervello.

[5] La via spino-bulbo-talamo-corticale della sensibilità superficiale e profonda: tattile epicritica, propriocettiva cosciente, pallestesica, ecc., veicolata dai fascicoli gracile di Goll e cuneato di Burdach.

[6] L’IANC (commissione internazionale per la nomenclatura anatomica) indica come metatalamo l’insieme dei corpi genicolati contenenti i nuclei genicolati delle vie visiva e acustica, tuttavia la maggior parte dei ricercatori considera queste formazioni parti del talamo propriamente detto.

[7] G. Perrella, Talamo e Corteccia Prefrontale, p. 2, BM&L, Firenze 2008 (relazione tenuta al meeting per la presentazione della IV edizione dell’opera di J. M. Fuster, The Prefrontal Cortex).

[8] Parte dei nuclei del gruppo mediale del talamo, il nucleo dorso-mediale (o nucleo mediale di Kuhlenbeck) è molto grande e si estende dal pulvinar al nucleo antero-ventrale. Da tempo si attribuisce importanza alla sua funzione di trasmissione di impulsi somatici e viscerali alla corteccia frontale e, per le sue connessioni con lo striato, al suo ruolo nell’integrazione senso-motoria.

[9] Si veda la bibliografia di Saalmann T. B. & Kastner S., 2011 (op. cit.).

[10] Una rassegna di questi lavori si trova in Saalmann Y. B. & Kastner S. (2009), Curr. Opin. Neurobiol. 19, 408-414.

[11] In inglese si è soliti definire first order e higher order questi due livelli di elaborazione.

[12] Tecnica di visualizzazione basata sulla metodica di risonanza magnetica (MRI).