Alterata
espressione nel locus coeruleus di pazienti
con depressione maggiore
NICOLE CARDON
NOTE E
NOTIZIE - Anno IX - 25 giugno 2011.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale
di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). La sezione
“note e notizie” presenta settimanalmente note di recensione di lavori
neuroscientifici selezionati dallo staff
dei recensori fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori
riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci afferenti
alla Commissione Scientifica, e
notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società
Nazionale di Neuroscienze.
[Tipologia del testo:
RECENSIONE]
Gli
autori di vari studi sulle basi neurobiologiche della depressione hanno
ipotizzato che le rilevate anomalie nelle vie di segnalazione del glutammato e le dimostrate evidenze patologiche della glia, abbiano un ruolo nell’eziologia del disturbo
depressivo maggiore (major depressive disorder, MDD). La
plausibilità dell’ipotesi si fonda prevalentemente sui risultati di indagini
condotte su tessuto cerebrale prelevato post
mortem dal proencefalo di persone che in vita erano
affette da disturbi depressivi. Ora, uno studio condotto da Bernard e colleghi,
ha accertato per la prima volta l’alterata espressione di geni della glia, di
fattori di crescita e di molecole legate alla segnalazione glutammatergica nel locus
coeruleus (Bernard R., et
al. Altered
expression of glutamate signaling, growth factor, and glia genes in the locus
coeruleus of patients with major depression.
Molecular Psychiatry 16: 634-646,
2011).
Gli
autori del lavoro appartengono al Molecular and Behavioral Neuroscience
Institute, University of Michigan (Ann Arbor, USA) e all’Institute for
Integrative Neuroanatomy, Charité University Medicine (Berlino, Germania).
Il
locus coeruleus dei mammiferi è il
nucleo con la maggiore concentrazione di noradrenalina di tutto l’encefalo e,
nell’uomo, è all’origine di importanti vie di innervazione del proencefalo, che
esercitano un ruolo di regolazione su processi cognitivi e affettivi,
notoriamente interessati dal disturbo depressivo. I sintomi depressivi sono
stati associati da tempo ad alterazioni della neurotrasmissione noradrenergica,
e la deplezione noradrenalinica rientra nei quattro segni biologici principali
di depressione cronica da stress e da
altre cause: abbassamento dei livelli di 1) noradrenalina, 2) dopamina, 3) serotonina,
e 4) riduzione del volume dell’ippocampo. Numerose osservazioni e indagini
sperimentali hanno dimostrato un ruolo nella fisiopatologia
depressiva delle
alterazioni riscontrate a carico delle vie a mediazione noradrenalinica
dell’encefalo.
Gli
autori dello studio hanno usato la dissezione laser (laser-capture
microdissection, LCM) per raccogliere selettivamente
tessuto del locus coeruleus dall’encefalo post-mortem
di 1) pazienti che avevano ricevuto una diagnosi di disturbo depressivo maggiore, 2) pazienti diagnosticati di disturbo bipolare e 3) persone non
affette da alcun
disturbo psichiatrico.
Impiegando
l’idonea tecnologia genetica (microarray)
sono stati esaminati i patterns
globali di espressione genica. L’espressione differenziale dell’mRNA dei geni candidati è stata indagata usando la PCR quantitativa (qPCR) in tempo reale e l’ibridizzazione in situ (ISH).
I
risultati hanno rivelato, solo negli affetti da disturbo depressivo maggiore,
alterazioni multiple nelle vie di segnalazione dei neuroni del nucleo pontino e
nei prodotti di geni espressi esclusivamente negli astrociti di quella stessa
area.
In
particolare, anomalie sono emerse nei geni di SLC1A2, SLC1A3 e GLUL, legati alla segnalazione del glutammato, e nei geni dei fattori di crescita FGFR3 e TrkB, oltre alle citate alterazioni
nell’espressione genica astrogliale.
Questi
dati dimostrano, per la prima volta, la presenza nel tronco encefalico di alterazioni dell’espressione genica e delle funzioni da
questa dipendenti, correlate alla neurotrasmissione glutammatergica, ai fattori
di crescita e all’astroglia, precedentemente descritte in regioni del cervello propriamente detto di pazienti
affetti da depressione.
E’
importante sottolineare che questi elementi rilevati da Bernard e colleghi nel locus coeruleus delle persone che
avevano sofferto di depressione, sono risultati assenti nel tessuto proveniente da persone
affette, in vita, da disturbo bipolare,
confermando l’ipotesi di una diversa fisiopatologia e patogenesi e, nella
sostanza, fornendo un ulteriore elemento a supporto della tesi sostenuta dalla
nostra scuola neuroscientifica, secondo cui in psichiatria manifestazioni
sintomatologiche simili o addirittura identiche possono essere causate da processi patogenetici e
fisiopatologici diversi, sulla base dei quali si
dovrebbero operare le distinzioni[1].
In
diagnostica, se non si vuole correre il rischio di continuare a riferirsi ad
una tassonomia della forma clinica[2],
si dovrebbe pertanto tenere conto di rilievi come questi, in attesa di avere
dati completi su tutti i possibili aspetti eziopatogenetici, fisiopatologici e
clinici[3],
che potranno conferire alla distinzione diagnostica una maggiore coerenza con
la realtà dei processi sottostanti l’emergenza sintomatologica e, si spera, una
maggiore utilità terapeutica.
Concludendo,
ricordiamo che gli autori del lavoro sottolineano che i risultati emersi da
questa indagine supportano l’idea che la psicopatologia della condizione
depressiva sia sostenuta da una de-regolazione estesa a tutto l’encefalo[4].
L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Floriani per
la correzione della bozza, e invita alla lettura delle numerose recensioni di
lavori di argomento connesso che compaiono nelle “Note e Notizie” (impiegare la
pagina “CERCA” del sito).
[1] Le distinzioni diagnostiche sono ancora largamente fondate sulle manifestazioni sintomatologiche. Ricordiamo le meditate e documentate critiche ai criteri nosografici correnti in psichiatria, proposte nel corso dei decenni dal nostro presidente Perrella, e, in particolare, quelle condivise con Douglas Bremner circa la depressione da stress e i disturbi dello spettro dell’ansia. Ricordiamo ancora, nella nostra scuola, le osservazioni del prof. Rossi sulle sindromi psichiatriche da malattie neurologiche e quelle della dottoressa Rezzoni sui disturbi del sonno e della sfera sessuale. Anche il compianto prof. Lalli aveva tante volte espresso opinioni esperte in dissenso da quelle prevalenti. Critiche strutturate e puntuali ai criteri clinici della diagnosi in psichiatria (in particolare quelli adottati dalla Commissione dell’APA per il DSM) sono state mosse da Gaspare Vella e Massimiliano Aragona (Metodologia della diagnosi in psicopatologia. Categorie e dimensioni. Bollati Boringhieri, Torino 2000).
[2] Espressione coniata nel 1982 da Giuseppe Perrella.
[3] A cominciare dalle condizioni di funzionamento evocate dall’esperienza (dati psicologici), e proseguendo con i geni di rischio, gli endofenotipi patologici, le alterazioni specifiche al livello molecolare, cellulare e dei sistemi, e così via.
[4] “Le estese interazioni fra sistemi dell’encefalo che realizzano innumerevoli equilibri, dal livello molecolare e cellulare a quello dell’intero sistema nervoso, e che trovano la loro sintesi nelle attività psichiche, non possono non essere studiate nella loro globalità. Se l’analisi delle parti impegnerà la ricerca ancora a lungo, solo la sintesi che ci consentirà di cogliere gli esiti globali degli squilibri che alterano la normale fisiologia, ci darà un diretto correlato fisiopatologico della malattia mentale” [G. Perrella, Appunti per la didattica integrativa della clinica psichiatrica per gli studenti del corso di laurea in Medicina e Chirurgia. Anno accademico 1982-1983 (inedito). BM&L, Firenze 2003-2004].