In un modello di Parkinson una neuregulina ha effetti protettivi

                                                                                                                                           

 

ROBERTO COLONNA

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno IX - 11 giugno 2011.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). La sezione “note e notizie” presenta settimanalmente note di recensione di lavori neuroscientifici selezionati dallo staff dei recensori fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci afferenti alla Commissione Scientifica, e notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società Nazionale di Neuroscienze.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Le neureguline sono una grande famiglia di fattori di crescita e di differenziazione che derivano dallo splicing alternativo di mRNA del gene NRG1, e possiedono un motivo EGF-simile. Le neureguline attualmente identificate sono numerose e la lista tende costantemente ad accrescersi; fra le prime e più studiate vi sono GGF, NDF, SMDF e ARIA, molecole importanti come intermedi nelle interazioni glia-neuroni. Le neureguline si legano a una famiglia di recettori denominati ErbB (HER nell’uomo), omologhi del recettore EGF.

La Neuregulina-1 (Nrg1) è geneticamente associata alla schizofrenia, grave disturbo mentale causato da alterazioni dello sviluppo del sistema nervoso centrale caratterizzate da squilibrio delle funzioni dei sistemi dopaminergici cerebrali. Il recettore ErbB4 di Nrg1 è abbondantemente espresso nei neuroni dopaminergici del mesencefalo. E’ stato dimostrato che Nrg1 è in grado di attraversare la barriera emato-encefalica (BEE), e si è accertato che nei topi neonati la somministrazione periferica della neuregulina attiva ErbB4 e determina uno stato permanente di iperfunzione dopaminergica.

Sulla base di questi elementi, Thomas Carlsson e colleghi hanno deciso di sperimentare gli effetti della somministrazione periferica di Nrg1 nella malattia di Parkinson, ottenendo risultati di notevole interesse  (Carlsson T., et al. Systemic administration of neuregulin-1β1 protects dopaminergic neurons in a mouse model of Parkinson’s disease. Journal of Neurochemistry 117 (6): 1066-1074, 2011).

Gli autori dello studio provengono dall’istituto di Experimental Neurology, Department of Neurology, Philipps-University, Marburg (Germania), Neuronal Survival Unit, Department of Experimental Medical Science, Wallemberg Neuroscience Center, Lund University (Svezia).

Il difetto dell’azione dopaminergica per degenerazione del sistema nigro-striatale, che si fa responsabile dei sintomi della malattia di Parkinson, e le proprietà prima ricordate della Nrg1, inclusa la capacità di attraversare la BEE, hanno indotto Carlsson e colleghi a sperimentarne l’impiego iniettivo in topi sani ed affetti da un modello sperimentale della neurodegenerazione parkinsoniana.

E’ stato somministrato per via sistemica il dominio extracellulare della molecola Ngr1β1, ossia Ngr1β1-ECD, ed è stato rilevato un aumento dei livelli di dopamina sia nella substantia nigra che nei nuclei dello striato di topi adulti.

Gli effetti tossici della 6-idrossi-dopamina, indotti nell’animale da esperimento, riproducono il tipico quadro patologico del danno neurodegenerativo della malattia di Parkinson: l’iniezione di Ngr1β1-ECD ha protetto il sistema dopaminergico nigro-striatale dei topi adulti, in vivo, prevenendo l’azione lesiva della sostanza.

Questo esito ha indotto i ricercatori a sperimentare gli effetti della neuregulina sulle cellule secernenti dopamina della pars compacta della sostanza nera mesencefalica umana. Gli esperimenti, condotti in vitro, hanno dimostrato che Ngr1β1-ECD è in grado di proteggere dalla tossicità parkinsonigena della 6-idrossi-dopamina i neuroni dopaminergici dell’uomo.

In conclusione, Carlsson e colleghi hanno identificato Ngr1β1-ECD come fattore neurotrofico con specifici effetti protettivi sui neuroni dopaminergici del topo adulto e del mesencefalo umano, evidenziando una notevole efficacia e una facilità di uso legata alla via di somministrazione periferica. Ora sarà compito della sperimentazione farmacoterpeutica valutare le reali possibilità di introduzione di questa molecola nella terapia della malattia di Parkinson.

 

L’autore della nota invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che compaiono nelle “Note e Notizie” (impiegare la pagina “CERCA” del sito).

 

Roberto Colonna

BM&L-11 giugno 2011

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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