Geometria
euclidea intuita da indigeni dell’Amazzonia
DIANE RICHMOND
NOTE E
NOTIZIE - Anno IX - 11 giugno 2011.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale
di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). La sezione
“note e notizie” presenta settimanalmente note di recensione di lavori
neuroscientifici selezionati dallo staff
dei recensori fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori
riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci afferenti
alla Commissione Scientifica, e
notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società
Nazionale di Neuroscienze.
[Tipologia del testo:
RECENSIONE]
Il
filosofo Immanuel Kant (1724-1804), il cui pensiero ha costituito uno dei
pilastri della ragione occidentale, riteneva che la geometria, fondata e derivata dagli studi di Euclide, fosse un’elaborazione dell’intelletto originata da un’intuizione “a priori” dello spazio[1].
Una tale tesi, oltre ad avere oggi il supporto indiretto di osservazioni
antropologiche e di studi su capacità innate dei lattanti, presenta una
plausibilità intuitiva basata sull’apparente rilievo dell’universalità
trans-culturale di alcuni elementi del rapporto dell’uomo con la dimensione
dell’estensione.
Per
tali ragioni, un numero notevole di lavori di neuroscienze cognitive,
psicologia e neuropsicologia sperimentale, è stato condotto al fine di
sottoporre a verifica questo assunto ed accertare, ad esempio, se risulta
conforme alle previsioni euclidee quella che chiamiamo “navigazione spaziale”,
ossia un’attività che include tanto il percorrere esplorativo e conoscitivo,
quanto il dirigersi strumentalmente lungo percorsi e traiettorie note e
riconosciute per un fine prefissato.
Ma
la geometria euclidea include anche concetti che trascendono il
percettibile, quali
oggetti infinitamente piccoli o infinitamente grandi o asserzioni di necessità
ed impossibilità. Cosa sappiamo di tali concetti? Un piccolo gruppo di ricerca
guidato dal noto matematico e neuroscienziato Stanislas Dehaene[2]
ha testato l’ipotesi secondo cui alcuni aspetti della geometria euclidea “non
percettibile” siano mappati nel cervello su intuizioni dello spazio che sono
presenti in tutti gli esseri umani, anche in quelli privi di concetti appresi
mediante l’istruzione scolastica o altre forme di studio formale della
matematica (Izard V., et al. Flexible intuitions of
Euclidean geometry in an Amazonian indigene group. PNAS USA (aop doi:10.1073/pnas.1016686108),
2011).
Véronique
Izard, Dehaene e i loro colleghi, hanno allestito prove per valutare intuizioni
circa punti, linee e superfici, di volontari provenienti da un gruppo di indigeni dell’Amazzonia, i Mundurucu, che provengono da un villaggio
isolato nel quale manca ogni accesso all’istruzione nel campo della geometria
così come in altri campi della conoscenza e dell’informazione tipica delle
società contemporanee. Le loro prestazioni sono state messe a confronto con un
gruppo di controllo costituito da adulti e ragazzi di età corrispondente, provenienti
dagli Stati Uniti d’America e dalla Francia, e con un secondo gruppo di
comparazione, formato da bambini statunitensi senza ancora una
formazione scolastica nel campo della geometria.
Le
risposte che hanno fatto registrare i Mundurucu, adulti e ragazzi, erano
assolutamente coincidenti con quelle dei coetanei formati nelle discipline
matematiche, e rivelavano una comprensione
intuitiva di proprietà
essenziali definite dalla geometria inaugurata da Euclide.
Ad
esempio, su una superficie che è stata a loro descritta come perfettamente
piana, le stime degli indigeni brasiliani degli angoli interni dei triangoli
raggiungevano la somma approssimativa di 180°, e su richiesta esplicita hanno
affermato che per ogni data linea esiste una sola retta parallela che passa per
un dato punto.
Intuizioni
come queste erano anche parzialmente presenti nel gruppo di partecipanti più
giovani che, per l’età, non avevano ancora ricevuto lezioni di geometria.
Lo
studio di Dehaene e colleghi, che merita di essere letto integralmente,
suggerisce che durante lo sviluppo, già nel corso dell’infanzia, la nostra
specie sviluppi intuizioni geometriche che spontaneamente si accordano con i
principi della geometria euclidea, anche in assenza di un apprendimento
derivato da un insegnamento formalizzato e dallo studio dei concetti come sono
esplicitamente formulati nei libri di testo scolastici.
L’autrice della nota ringrazia il professor Giuseppe
Perrella, presidente della Società Nazionale di Neuroscienze, con il quale ha discusso
e interpretato l’argomento trattato, e invita alla lettura delle recensioni di
argomento connesso che compaiono nelle “Note e Notizie” (impiegare la pagina
“CERCA” del sito).
[1] Di passaggio ricordiamo che le ipotesi neurobiologiche e neuroevolutive sullo sviluppo della mente, elaborate fin dagli anni Settanta da Giuseppe Perrella, rendono perfettamente conto delle ragioni evoluzionistiche e neurofisiologiche alla base della “riconoscimento” delle regolarità del mondo e della loro elaborazione cognitiva in paradigmi interpretativi della realtà nelle forme concettuali della matematica, della logica e delle scienze sperimentali più strettamente legate agli oggetti naturali e ai fenomeni empirici.
[2] Autore di numerosi articoli scientifici, deve la sua notorietà principalmente al successo internazionale del saggio The Number Sense. How the mind creates mathematics. Oxford University Press, 1997.