La
vulnerabilità regionale nella malattia di Alzheimer
NICOLE CARDON
NOTE E
NOTIZIE - Anno IX - 14 maggio 2011.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale
di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). La sezione
“note e notizie” presenta settimanalmente note di recensione di lavori
neuroscientifici selezionati dallo staff
dei recensori fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori
riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci afferenti
alla Commissione Scientifica, e
notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società
Nazionale di Neuroscienze.
[Tipologia del testo:
RECENSIONE]
E’
noto, fin dalla prima osservazione di Alois Alzheimer del 1906, che i due
contrassegni istopatologici della più comune malattia neurodegenerativa che
causa demenza e porta a morte, sono le placche
amiloidi o neuritiche e gli aggregati neurofibrillari. Le placche neuritiche sono costituite da assoni e
dendriti rigonfi e degeneranti, in genere circondati da microglia ed astrociti,
intorno ad un “core” di una sostanza vischiosa tendente ad aumentare di
consistenza nel tempo e originata dall’accumulo di oligomeri insolubili del
peptide β-amiloide (peptidi di 40-42-43 aa. derivati dalla scissione di APP
ad opera di β-secretasi e γ-secretasi). Tali placche amiloidi, un tempo dette senili perché riscontrate all’autopsia del cervello di persone
anziane, si sviluppano nel neuropilo della neocorteccia e dell’ippocampo
quali accumuli extracellulari che, con la progressione della malattia, appaiono
come una miriade di macchioline visibili ad occhio nudo. La loro localizzazione
in specifiche regioni del cervello è oggetto di studi da oltre un secolo, ma
fino ad oggi non sono stati chiariti i meccanismi alla base della vulnerabilità
regionale alla deposizione dei peptidi amiloidogenici (Aβ).
Un
nutrito gruppo di ricercatori afferenti a vari dipartimenti della Washington
University in St Louis[1]
ha condotto un interessante studio che fornisce una traccia per comprendere le
ragioni di tale vulnerabilità, apparentemente legata alla sede anatomica (Bero
A. W., et al. Neuronal activity
regulates the regional vulnerability to amyloid-β deposition. Nature Neuroscience [Advance online
publication doi:10.1038/nn.2801], 2011).
Il
filo di Arianna seguito dagli autori è consistito nell’evidenza della regolazione della concentrazione dell’Aβ del fluido interstiziale (ISF) da parte dell’attività neuronale endogena. Il tasso di ISF
Aβ in una data
area è in rapporto con il grado di aggregazione che si osserva in quello
specifico territorio.
Impiegando
la microdialisi in vivo, i
ricercatori hanno dimostrato che la concentrazione di ISF Aβ in varie aree del cervello di topi transgenici APP[2],
prima della formazione delle placche, era proporzionale al grado di deposizione
delle placche rilevato successivamente. Ma, soprattutto, il tasso di amiloide
interstiziale locale e il processo di accumulo degli aggregati con la
formazione degli elementi patologici, risultava proporzionale alla
concentrazione di acido lattico, un marker di attività neuronica.
Per
verificare la reale esistenza di un rapporto fra l’attività neuronica e la
deposizione nel territorio corrispondente, Adam Bero e colleghi hanno allestito
esperimenti secondo il classico modello del controllo del movimento delle vibrisse, un’attività che presenta un’organizzazione
morfofunzionale altamente specifica, con una precisa corrispondenza
somatotopica di localizzazione fra le aree epidermiche dei peli mobili e i campi a barile corticali.
La
stimolazione unilaterale delle vibrisse comportava un incremento di accumulo di
ISF Aβ della corteccia del lato corrispondente
(opposto), così come la deprivazione, sempre monolaterale, di vibrisse,
determinava la riduzione di lattato e ISF
Aβ nei neuroni
corrispondenti, ossia nelle cellule nervose della corteccia del campo a barile
controlaterale.
La
deprivazione unilaterale di lungo termine delle
vibrisse, in questi modelli murini di malattia di Alzheimer, comportava la riduzione regionale nella formazione delle placche amiloidi e nel
loro accrescimento nel tempo.
I
risultati di questo studio indicano la presenza di un meccanismo molecolare
legato all’attività neurale, all’origine della vulnerabilità regionale alla
deposizione dell’amiloide ed alla formazione delle placche.
L’autrice della nota, che ringrazia la dottoressa Isabella
Floriani per la correzione della bozza, invita alla lettura delle numerose recensioni
di argomento connesso che compaiono nelle “Note e Notizie” e di tutti gli
scritti sulla malattia di Alzheimer pubblicati su questo sito.