Danza terapeutica nel Parkinson e in altre malattie neurodegenerative   

 

 

A cura di LORENZO L. BORGIA

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno IX – 07 maggio 2011.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). La sezione “note e notizie” presenta settimanalmente note di recensione di lavori neuroscientifici selezionati dallo staff dei recensori fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci afferenti alla Commissione Scientifica, e notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società Nazionale di Neuroscienze.

 

 

[Tipologia del testo: SINTESI DI UNA RELAZIONE]

 

 

Il testo qui presentato è la sintesi della trascrizione di una relazione tenuta dal Presidente della Società Nazionale di Neuroscienze, Giuseppe Perrella, nel quadro di una sessione di aggiornamento del gruppo di studio di BM&L sulla neurofisiologia del movimento, giovedì 24 marzo 2011, ad un incontro dal titolo: “Le basi neurali della danza e dei suoi effetti sul movimento patologico”. L’inizio dello studio di questo argomento risale al settembre 2008 (si veda la nota: Note e Notizie 13-09-08 BM&L e la neurofisiologia della danza).

 

(Quinta Parte)

 

Se il riconoscimento di figure di movimento che si è in grado di eseguire comporta la riattivazione di un pattern di esecuzione, è ragionevole supporre che ciò avvenga anche durante l’apprendimento, e che ne costituisca la base procedurale. In altri termini, non basta seguire delle istruzioni verbali elaborandole coscientemente per imparare un passo di danza, ma è necessario l’apprendimento per imitazione: la base neurofunzionale per questo processo di ripetizione che crea memorie procedurali, potrebbe essere costituita dalle reti attivate alla vista del movimento riconosciuto negli esperimenti del gruppo di Beatriz Calvo-Merino.

Una conferma di questa supposizione si trova nei risultati ottenuti nel 2006 da Emily Cross, Antonia Hamilton e Scott Grafton al Dartmouth College[1]. Studiando settimanalmente, mediante fMRI, l’encefalo di ballerini che stavano imparando una complessa sequenza di figure di danza moderna, i tre ricercatori hanno verificato l’incremento di attività nelle aree corrispondenti ai circuiti implicati nell’imitazione motoria. Le sessioni di rilievo delle scansioni funzionali dell’encefalo avvenivano mentre i volontari assistevano, guardando videoclips della durata di 5 secondi, all’esecuzione dei movimenti che stavano imparando e di passi senza alcuna relazione con il loro oggetto di studio. Al termine di ogni visione, i ballerini indicavano il livello di precisione con il quale ritenevano di poter eseguire le figure osservate, in modo che i ricercatori potessero confrontare il quadro neurofunzionale con il giudizio cosciente espresso da ciascuno sul grado presunto di prestazione per i passi in esercizio e per quelli che fungevano da confronto di controllo. L’attività neurale, in particolare nella corteccia premotoria, aumentava durante il training ed appariva proporzionalmente correlata al giudizio di competenza acquisita espresso dai ballerini.

Le scansioni di risonanza magnetica funzionale ottenute da Cross e colleghi, sembrano dunque confermare l’ipotesi emersa dalla sperimentazione del gruppo di Calvo-Merino. Entrambi gli studi hanno rilevato che l’apprendimento di complesse sequenze motorie, oltre alla normale attivazione delle vie cortico-spinali che consentono la diretta esecuzione dello spostamento dei segmenti corporei mediante la contrazione dei muscoli, attiva un sistema di pianificazione motoria che contiene informazioni circa il possesso delle abilità apprese, necessarie all’attuazione degli specifici movimenti. Il sistema di pianificazione motoria, modificato dall’apprendimento, fornirebbe diretta informazione sul suo stato al giudizio di presunzione di abilità fondato su processi globali[2]. Si può perciò supporre che la vista delle immagini di persone in movimento evochi la consapevolezza del grado di esperienza, di capacità ed abilità nell’esecuzione degli stessi schemi motori, grazie all’attivazione dello stato funzionale raggiunto dal sistema di pianificazione motoria attraverso l’addestramento: sarebbe l’entrata in funzione di questi sotto-sistemi a conferire la sensazione di essere o non essere in grado di riprodurre una figura vista, e con quale grado di facilità o di difficoltà poterla eseguire. Da questa sensazione deriverebbe il giudizio relativo al livello della prestazione presunta nei termini del grado di accuratezza[3].

La necessaria scomposizione analitica dell’oggetto di studio neurale definito da questi protocolli, che di fatto sono stati concepiti pensando al ruolo funzionale del sistema dei neuroni specchio, può far pensare che il piano di esecuzione riattivato o ripetuto in mente per rievocazione sia basato solo su configurazioni spaziali corrispondenti alle forme delle immagini viste, ma altri studi, come abbiamo notato in precedenza, suggeriscono che tali memorie riattivate implichino sempre schemi cinestesici. Allo stesso modo di quanto accade per i passi di danza, la propria abilità prestazionale in alcuni compiti sportivi, come ad esempio l’esecuzione di un tiro di punizione nel gioco del calcio o di una schiacciata nella pallavolo, è giudicata da chi pratica queste discipline sulla base dell’attivazione di uno schema cinestesico che può contenere o meno le tracce della memoria non-dichiarativa necessaria ad una buona esecuzione della prova. Brown e Parsons hanno condotto verifiche preliminari di questa ipotesi in relazione a pratiche sportive, come il tennis e il golf, ampiamente diffuse nella popolazione[4] fra dilettanti che le impiegano per fini ludici e ricreativi.

 

[continua]

 

A cura di Lorenzo L. Borgia

BM&L-07 maggio 2011

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] Cross E. S., et al. Building a motor simulation de novo: observation of dance by dancers. Neuroimage 31 (3), 1257-1267, 2006.

[2] Personalmente ritengo che lo stato funzionale derivante dall’apprendimento nelle aree di pianificazione ed esecuzione, si comunichi direttamente attraverso il rientro (ossia lo scambio reciproco e sincronico di informazioni dovuto all’innervazione bidirezionale) fra aree corticali e fra queste e le aree subcorticali. Le funzioni globali, probabilmente, non sono ancora bene studiabili con le attuali metodiche di neuroimmagine, perché si basano su attività neuroniche ordinarie e continue durante la veglia e, dunque, massimamente ottimizzate dal principio di governo economico del sistema nervoso centrale, così da non richiedere quei processi di extrafornitura di supporto trofico o di attivazione funzionale massiccia che costituiscono la base delle visualizzazioni di attività [Nota del Relatore].

[3] Naturalmente nelle situazioni di vita reale tale giudizio cosciente può essere integrato da varie altre informazioni assunte dal soggetto durante l’esperienza di apprendimento, quali il giudizio espresso dall’insegnante o le osservazioni comunicate dai colleghi [Nota del Relatore].

[4] Brown lavora in Canada e Parsons in Inghilterra [Nota del Relatore].