Drosophila come modello di alcolista

 

 

DIANE RICHMOND

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno IX - 30 aprile 2011.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). La sezione “note e notizie” presenta settimanalmente note di recensione di lavori neuroscientifici selezionati dallo staff dei recensori fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci afferenti alla Commissione Scientifica, e notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società Nazionale di Neuroscienze.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Sono numerose le nostre note di recensione e commento di studi sugli effetti psicotropi e tossici dell’alcool etilico, e la lettura di questi scritti che compaiono nelle “Note e Notizie” può bene aggiornare ed integrare le trattazioni dei manuali, fornendo elementi per riflessioni ed ulteriori approfondimenti. Allo stato attuale delle conoscenze, è evidente che, come per altre sostanze psicotrope, la neurochimica e la neurogenetica dell’addiction, dell’intossicazione acuta e degli effetti cronici dell’etanolo, pur essendo molto progredite negli ultimi anni, richiedono ancora un grande impegno della ricerca, sia per completare il quadro dei meccanismi e dei processi specifici per ciascuno stato, sia per giungere alla comprensione dei rapporti fra tutti gli eventi indotti e gli equilibri fisiologici pre-esistenti.

Un aspetto di notevole rilievo in questi studi è la sperimentazione su modelli animali che, quanto più sono vicini a noi, tanto più consentono di esplorare la complessità e di mettere in relazione gli effetti psichici e comportamentali con le basi neurobiologiche, e quanto più sono lontani, tanto più presentano caratteristiche che dovrebbero consentire di risalire nella filogenesi all’origine della suscettibilità agli effetti “droganti” e nocivi, e magari riconoscere un nucleo schematico molecolare, cellulare e sistemico, originario e comune. In proposito, l’immagine di un moscerino ubriaco che cerca altro alcool per continuare a sperimentare gli effetti piacevoli della sbronza, o che supera difficoltà per ottenere un’altra buona bevuta, non è più solo un cartone animato che fa la parodia degli esseri umani, ma da oggi può rappresentare un nuovo modello animale per lo studio degli effetti dell’alcool etilico.

Karla Kaun e colleghi del Department of Anatomy, University of San Francisco, e del Department of Biology, University of Virginia at Charlottesville, hanno accertato che Drosophila melanogaster, il comune moscerino della frutta e dell’aceto, può costituire un utile modello per lo studio dei meccanismi molecolari, genetici e neurali alla base dell’effetto di ricompensa dell’etanolo (Kaun K. R., et al. A Drosophila model of alcohol reward. Nature Neuroscience [Advance online publication doi:10.38/nn.2805], 2011).

Le proprietà di una sostanza di generare effetto di ricompensa contribuiscono allo sviluppo dell’abuso, inteso come consumo ripetuto ed eccessivo, e della dipendenza, ossia una condizione caratterizzata dall’assunzione compulsiva, generata da un desiderio intenso e frequente che si presenta con la forza di un bisogno, quasi fosse una necessità biologica[1]. Pertanto, lo studio delle proprietà motivazionali di una sostanza psicotropa come l’etanolo, può contribuire alla comprensione di molti processi alla base della tossicodipendenza che la sua assunzione può indurre.

A questo scopo, Karla Kaun e colleghi hanno impiegato un modello geneticamente trattabile di Drosophila melanogaster, analizzando gli effetti dell’intossicazione acuta alcoolica (equivalente ad uno stato di ubriachezza) e delle memorie a questa associate.

I moscerini imparavano ad associare tracce mnemoniche con l’intossicazione da etanolo e, sebbene l’esperienza fosse temporaneamente spiacevole (effetto avversivo), si generava poi un’attrazione di lunga durata per le tracce associate all’alcool, implicando la proprietà di ricompensa dell’intossicazione.

I ricercatori hanno bloccato transitoriamente la neurotrasmissione nei neuroni dopaminergici e, in tal modo, hanno accertato che Drosophila richiede l’attivazione di queste cellule nervose per esprimere, ma non per sviluppare, la preferenza condizionata per le tracce associate all’etanolo.

La sperimentazione ha consentito di definire che i moscerini acquisivano, consolidavano e rievocavano le memorie dell’effetto ricompensa mediante insiemi specifici e distinti di neuroni del corpo fungiforme.

Infine, le mutazioni in scabrous[2], gene codificante un peptide correlato al fibrinogeno che regola la segnalazione Notch, interferivano con i processi necessari al costituirsi delle memorie legate al significato di ricompensa dell’alcool etilico, precludendone la formazione.

In conclusione, i risultati di questo lavoro stabiliscono Drosophila melanogaster come modello per lo studio di meccanismi e processi molecolari, genetici e neurali, alla base delle proprietà che inducono la ripetizione compulsiva dell’assunzione dell’alcool etilico in uno spettro di specie animali che va dagli insetti all’uomo.

 

L’autrice della nota, che ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza, invita alla lettura delle numerose recensioni di argomento connesso che compaiono nelle “Note e Notizie”.

 

Diane Richmond

BM&L-30 aprile 2011

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] Tradizionalmente, le trattazioni tossicologiche e psichiatriche distinguono due forme: la dipendenza psichica e la dipendenza fisica. La dipendenza psichica è una condizione funzionale, indotta da vasta gamma di sostanze psicotrope, e descritta come l’effetto di un insieme di modificazioni neurobiologiche, con conseguenze psicologiche e comportamentali, che portano il soggetto ad attribuire all’assunzione della sostanza d’abuso un’importanza prioritaria, che può indurlo ad agire per procurarsela anche contro i propri valori morali, i propri affetti e le proprie convinzioni culturali. Per dipendenza fisica si intende una condizione funzionale, più spesso indotta da oppioidi, alcool etilico e barbiturici, che si rivela con la brusca sospensione dell’assunzione della sostanza psicotropa d’abuso, mediante un quadro clinico di scompenso neurovegetativo e di grave sofferenza psichica e psicofisica (sindrome da astinenza). In realtà, sul piano strettamente scientifico la distinzione non appare fondata e, anche se sono state descritte precise alterazioni molecolari e funzionali da mettere in relazione con la sindrome da astinenza, in ambito internazionale la distinzione fra dipendenza psichica e fisica è stata abbandonata. Da un punto di vista clinico, tuttavia, permane la necessità di operare una distinzione, accanto all’evidenza di gradi diversi di compromissione del funzionamento psichico in relazione al desiderio della sostanza. Infatti, nei criteri per la “dipendenza da sostanze” del Manuale Diagnostico e Statistico dell’Associazione degli psichiatri americani (DSM-IV-TR), si include la specifica della presenza di dipendenza fisica, qui definita sulla base del soddisfacimento di due criteri (v. item1: tolleranza; item 2: astinenza). Di passaggio, notiamo che il fondamento culturale del DSM riduce la dipendenza psichica ad una generica e lieve turba del desiderio.

[2] Il gene scabrous codifica una glicoproteina di secrezione strutturata come un dimero con una porzione C-terminale correlata al fibrinogeno e importante in chiave funzionale.