Il
rifiuto sociale condivide aree con il dolore fisico
GIOVANNI ROSSI
NOTE E
NOTIZIE - Anno IX - 16 aprile 2011.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale
di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). La sezione
“note e notizie” presenta settimanalmente note di recensione di lavori
neuroscientifici selezionati dallo staff
dei recensori fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori
riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci afferenti
alla Commissione Scientifica, e
notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società
Nazionale di Neuroscienze.
[Tipologia del testo:
RECENSIONE]
Un
grave dispiacere è spesso definito “un dolore” nel linguaggio comune, e come
tale è considerato in psicoterapia, ma quanto c’è in comune in termini di
sostrato neurale fra la sofferenza fisica e quella psichica? Poco o nulla, si
riteneva fino a non molto tempo fa, ma lavori recenti hanno dimostrato che la
rete di regioni dell’encefalo implicate nelle componenti affettive e non
sensoriali del dolore fisico, media le sensazioni di entrambe le esperienze.
Ethan
Kross e colleghi hanno studiato mediante fMRI il pattern di attivazione cerebrale nel dolore psichico che in psicologia
si definisce rifiuto sociale, e lo
hanno accostato a quello del dolore fisico. Il rilievo dei risultati ottenuti è
dato anche dalla comparazione delle localizzazioni funzionali osservate in
questo studio con quelle di una banca-dati di oltre 500 lavori pubblicati in
precedenza (Kross E., et al. Social rejection shares
somatosensory representations with physical pain. Proceedings of the National Academy of Science USA 108 (15), 6270-6275, 2011).
Gli autori dello studio afferiscono al Department of
Psychology, University of Michigan (Ann Arbor), al Department of Psychology,
Columbia University (New York), al Department of Psychology, University of
Colorado (Boulder), al New York State Psychiatric Institute.
Il
campione era costituito da 40 giovani volontari (reclutati mediante facebook, via flyers diffusi nell’area di Manhattan e Craig’s List), di cui 21
donne e 19 uomini di età media fra i 20 e i 21 anni (20,78 a.), che avevano subito
la perdita di un relazione di coppia (rottura non voluta del rapporto, vissuta
come rifiuto) di recente, fino a sei mesi prima. L’esame dei candidati ha
escluso che fossero affetti da malattie neurologiche o psichiatriche, che facessero
uso di sostanze psicotrope (droghe) o ne avessero fatto uso in passato, che fossero
in trattamento con farmaci psicoattivi, con anti-istaminici o steroidi.
Kross
e colleghi hanno sollecitato l’evocazione dell’esperienza del rifiuto in queste
persone che erano state di recente lasciate dalla persona con la quale
formavano una coppia, mostrando loro una fotografia dell’ex-partner. Quando i
volontari rievocando la rottura del legame attualizzavano intensamente il
carattere doloroso dell’esperienza, diventavano attive aree quali la corteccia somatosensoriale secondaria e l’insula di Reil nella porzione posteriore dorsale, ossia strutture che elaborano le
componenti somatosensoriali del dolore fisico.
I
ricercatori hanno poi comparato i reperti fMRI del dolore fisico e di questo
tipo di “dolore morale” negli stessi volontari, riscontrando una sostanziale
sovrapponibilità nelle aree somatosensoriali del dolore.
La
sperimentazione mediante l’induzione di dolore fisico nei volontari, ha
consentito a Kross e colleghi di fornire un’ulteriore dimostrazione
dell’importanza dell’attività della corteccia
somatosensoriale secondaria e dell’insula posteriore dorsale, nell’esperienza della sofferenza
originata dall’attivazione dei nocicettori, confrontando le immagini delle aree
attivate nello studio con quelle originate da oltre 500 altri studi sul dolore
somatico e viscerale. Infatti, l’attivazione di queste aree si può considerare
altamente fedele nella diagnostica per immagini del dolore fisico, con valori
predittivi positivi
fino all’88%.
Nel
discutere i dati, Kross e colleghi osservano che il loro studio conferisce un
nuovo significato all’idea che il rifiuto sociale ferisce[1].
I
risultati di questo lavoro dimostrano che fra il dolore fisico e l’esperienza dolorosa
di essere allontanati, ripudiati, rifiutati o lasciati, in un rapporto di
coppia, non vi è solo una similitudine metaforica o di vissuto soggettivo
attribuibile all’aspetto comune di condizioni che con meccanismi diversi
causano stress, ma esiste una comune
rappresentazione somatosensoriale.
L’autore della nota segnala, a chi non lo avesse ancora
letto, l’articolo “Dolore cronico e danno neurodegenerativo” nella sezione “IN
CORSO”, e invita alla lettura dei numerosi ed interessanti scritti sul dolore
che compaiono su questo sito (note di sintesi e recensione di lavori
sperimentali, articoli di rassegna, ecc.) impiegando il motore per la ricerca
interna nella pagina “CERCA” e, naturalmente, scorrendo l’elenco delle “NOTE E
NOTIZIE”.
[1] In proposito, il nostro presidente ha di recente osservato: “…spesso si rintraccia nella cristallizzazione linguistica di una memoria antropologica un senso recondito che tale non è, come quando si dice che nelle espressioni “mi ha ferito”, “è straziante”, “mi brucia ancora”, e così via, si rinviene l’intelligenza di una base neurobiologica comune al dolore fisico e psichico. Si può osservare che in greco, una parola come pathos che ha indicato prima la pena e dopo è divenuta base per la costruzione di vocaboli riferiti alla malattia fisica, si ritiene (Di Benedetto) che sia originata dal termine bletos che indica qualcuno che è stato colpito in senso materiale, sorpreso da un improvviso trauma fisico come quello originato da un impatto violento. In realtà, è sempre esistita la coscienza di una connotazione spiacevole, tanto del male fisico quanto di quello psichico, ed è del tutto naturale che la comune esperienza di sofferenza corrisponda ad un sostrato comune costituito da aree che sono attive in tutte le esperienze negative. Così come non c’è da meravigliarsi che affetti espansivi o positive affects diversi fra loro per origine e manifestazioni, quanto il piacere originato da stimolazione recettoriale e una gioia evocata da una consapevolezza, possano condividere aree di attivazione corticale. Il sostrato comune si identifica con le componenti che determinano la qualità dell’esperienza psichica cosciente e, dunque, la possibilità di riconoscerle come negative o positive” [G. Perrella, 9 luglio 2010].