Danza
terapeutica nel Parkinson e in altre malattie neurodegenerative
A cura di LORENZO L. BORGIA
NOTE E
NOTIZIE - Anno IX - 09 aprile 2011.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale
di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). La sezione
“note e notizie” presenta settimanalmente note di recensione di lavori
neuroscientifici selezionati dallo staff
dei recensori fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori
riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci afferenti
alla Commissione Scientifica, e
notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società
Nazionale di Neuroscienze.
[Tipologia del testo: SINTESI
DI UNA RELAZIONE]
Il testo qui presentato è la sintesi della
trascrizione di una relazione tenuta dal Presidente della Società Nazionale di
Neuroscienze, Giuseppe
Perrella,
nel quadro di una sessione di aggiornamento del gruppo di studio di BM&L
sulla neurofisiologia del movimento, giovedì 24 marzo 2011, ad un incontro dal
titolo: “Le basi neurali
della danza e dei suoi effetti sul movimento patologico”. L’inizio dello
studio di questo argomento risale al settembre 2008 (si veda la nota: Note e Notizie 13-09-08 BM&L e la
neurofisiologia della danza).
(Seconda
Parte)
Lo
studio delle basi neurali della danza implica una conoscenza, sia pure
sintetica e schematica, della neuroanatomia e della neurofisiologia del
movimento umano che, come è noto, non è costituito dalla semplice attivazione
neuromotoria somatica dei muscoli striati da parte dei fasci cortico-spinali
diretto e crociato, ma rappresenta la via finale comune di numerosi processi senso-motori integrati ai vari
livelli del nevrasse, dal midollo spinale per l’arco riflesso e il circuito gamma,
ai nuclei della base e al cervelletto per i caratteri del movimento e per l’equilibrio,
fino alle elaborazioni corticali che pongono in rapporto pensiero e azione. Nel
complesso, dunque, è opportuno avere presenti le nozioni principali relative
all’organizzazione funzionale del sistema nervoso centrale, nei versanti
sensitivo e motorio, ed avere una conoscenza sia pure elementare delle
caratteristiche di connessione fra aree encefaliche con ruoli diversi (rientro, circuiti ad anello, circuiti a
feedback, ecc.). Credo che ciò sia
necessario per apprezzare gli esiti degli studi più recenti, distinguendo i reperti
funzionali sicuramente collegabili alla danza da quelli che riflettono espressioni
di moto generiche.
Lo
studio della motricità, come quello di ogni altro aspetto della
neurofisiologia, è stato tradizionalmente analitico, ossia concepito mediante
la scomposizione in parti semplici di un elemento complesso. Così procedendo,
si è desunto il modo in cui il sistema nervoso centrale orchestra azioni semplici
a partire dall’osservazione sperimentale del movimento[1]
isolato. D’altra parte, anche la conoscenza neurologica derivata dalla
patologia (traumatica, vascolare, neoplastica, infiammatoria e degenerativa) in
larga parte si fonda sui ruoli di strutture, nuclei e vie, dedotti dai sintomi
causati dal loro danno focale o relativamente circoscritto. Per tali ragioni,
il criterio classico di studio delle basi della motilità implica l’attribuzione
di ruoli definiti a singoli comparti anatomici, anche se è noto che un tale schematismo,
che bene si adatta alla fisiologia del midollo spinale, man mano che si procede
verso la corteccia cerebrale, risulta sempre più angusto e nasconde l’insidia
di una ipersemplificazione che non rende conto del fatto che alcune componenti
funzionali sono il prodotto di interazioni multiple e ripetute fra aree e non
possono collocarsi in un singolo comparto anatomico.
Ciò
premesso, per richiamare alcune nozioni che è utile aver presente nel prosieguo
della nostra esposizione, possiamo tratteggiare le basi neurofunzionali di un
esercizio semplice, che implica un equilibrio in condizioni diverse da quelle
del comune sostare in piedi o camminare, e si ritrova in vari balli, ossia saltellare su un piede solo.
Innanzitutto,
i processi di integrazione senso-motoria del sistema nervoso centrale devono
elaborare dati in termini di consapevolezza spaziale ed equilibrio,
integrandoli con quelli relativi alla temporizzazione, sotto la guida dei
processi intenzionali.
Partendo
dalle informazioni pervenute attraverso la vista[2],
gli elementi minimi essenziali sono questi: la corteccia parietale posteriore
elabora i segnali provenienti dalla corteccia visiva occipitale e genera
impulsi diretti alle aree di pianificazione del movimento presenti nella
corteccia premotoria e nell’area motoria supplementare. Queste aree valutano i
segnali provenienti dalle altre sedi dell’encefalo, che forniscono informazioni
sulla posizione attuale del corpo nello spazio e sulle memorie di azioni
compiute in condizioni analoghe, ed inviano alla corteccia motoria primaria impulsi
che contengono il codice del piano psiconeuromotorio di tutti i segmenti
corporei implicati nell’atteggiamento posturale e nella dinamica esecutiva.
Perché si fletta l’arto da escludere al sostegno e si dia inizio al saltellare,
è necessaria l’azione della corteccia premotoria che, con i suoi neuroni
organizzati in mappa somatotopica motoria completa di tutto il corpo, determina
quali gruppi muscolari devono contrarsi e di quanto, inviando la sua codifica
finale ai motoneuroni effettori del midollo spinale, che inviano i loro assoni
attraverso i nervi fino ai muscoli.
Parallelamente
e contemporaneamente a questa linea funzionale, che ho voluto seguire dall’accesso
sensoriale all’esecuzione motoria per dare subito un quadro di senso compiuto e
non rischiare di perdere l’attenzione di chi non conosce l’argomento con una
parentesi eccessivamente lunga, si verificano regolazioni istante per istante
basate soprattutto su quelli che i pionieri della neurofisiologia come Vernon
Mountcastle definivano servo-mecanismi a
feedback. In pratica, gli organi sensoriali presenti nei muscoli forniscono
in tempo reale al cervello e al cervelletto informazioni propriocettive e
cinestesiche sulle continue e anche minime variazioni dell’orientamento del
corpo e della contrazione muscolare attraverso le vie del cordone posteriore
del midollo spinale[3]. I circuiti
del cervelletto e quelli dei nuclei della base interagiscono in vario modo[4]
modulando ed integrando le funzioni che ho schematizzato prima, così
contribuendo al mantenimento dell’equilibrio ed alla calibratura delle
escursioni motorie nell’esecuzione dei saltelli.
Molte
informazioni che hanno integrato le nozioni classiche della neurofisiologia del
movimento umano, sono venute negli ultimi venti o trent’anni dallo studio
neuromotorio condotto a fini riabilitativi[5].
Questo tipo di studi si è caratterizzato per un approccio più sintetico, con un
approfondimento delle configurazioni.
Tuttavia,
pur sommando tutto quanto è noto in un quadro d’insieme delle basi
neurofunzionali della motricità, che così risulta ricco e complesso, quando si
pensa al movimento complessivo del corpo nella danza, ci si rende conto che il
sapere di cui si dispone è insufficiente e deludente se si vuol comprendere
cosa distingue, ad esempio, un’elegante piroetta che si integra perfettamente
con l’ordito musicale di sottofondo, da un goffo girare su se stessi senza
grazia, ritmo e precisione di durata. Possiamo, infatti, indicare le differenze
che l’osservazione ci suggerisce, in termini di postura, armonizzazione,
regolazione e temporizzazione, ma non sappiamo nel linguaggio del cervello
tutto ciò a cosa corrisponda.
Sulla
base di considerazioni di questo genere, sono state avviate ricerche con lo
scopo di scoprire gli eventi specifici all’origine delle varie componenti
funzionali che connotano le attività umane appartenenti alle categorie
concettuali del ballo e della danza.
[continua]
[1] Con tale termine si indica lo spostamento di un segmento corporeo con allontanamento o avvicinamento ai piani di simmetria del corpo, ad esempio: l’abduzione e l’adduzione di un arto comportano rispettivamente un allontanamento e un avvicinamento al piano sagittale mediano, così come l’innalzamento e l’abbassamento di una palpebra determinano rispettivamente l’allontanamento e l’avvicinamento al piano trasversale. In generale, le caratteristiche spaziali elementari del movimento (direzione, verso e posizioni di partenza e di arrivo) sono definite impiegando la terminologia della topografia anatomica basata su coppie di concetti reciprocamente relativi (prossimale/distale, mediale/laterale, dorsale/ventrale, cefalico/caudale, ecc.) e su categorie descrittive (es.: lenta rotazione, rapido sollevamento, ecc.) Convenzionalmente, la definizione della tipologia del movimento si basa sull’indicazione dell’azione muscolare prevalente (es.: flessione, estensione) seguita dalla posizione relativa del segmento corporeo (es.: flessione della coscia sul bacino, estensione della gamba sulla coscia), o sul verso del moto rispetto all’orientamento assoluto della diartrosi (es.: intrarotazione, extrarotazione), oppure sull’indicazione della variazione di posizione per similitudine descrittiva con il decubito corporeo (es.: pronazione o supinazione della mano per la rotazione dell’avambraccio) [Nota del Relatore].
[2] Si potrebbe iniziare dalle informazioni cinestesiche, ma qui l’esempio non pretende di esaurire tutti gli schemi funzionali in gioco, ma solo di tracciare uno schema minimo essenziale [Nota del Relatore].
[3] In particolare, ricordiamo la via spino-bulbo-talamo corticale o via dei fascicoli gracile di Goll e cuneato di Burdach, o via del lemnisco mediale che, con una precisa organizzazione somatotopica, proietta ai nuclei gracile e cuneato del bulbo, poi al nucleo ventro-postero-laterale del talamo e, infine, alla corteccia somestesica della circonvoluzione post-centrale. E’ tradizionalmente ritenuta la via nervosa che veicola le informazioni della sensibilità propriocettiva cosciente. Ancora più importante, nel nostro esempio, è la via dei fasci spino-cerebellari, che si distinguono in dorsale o diretto e ventrale o crociato; queste vie, infatti, veicolano al cervelletto le informazioni della sensibilità propriocettiva incosciente che consente al cervelletto di realizzare aggiustamenti involontari che contribuiscono a farci mantenere l’equilibrio su un solo piede. Il fascio dorsale origina dalla colonna di Clarke (C8-L3), mentre quello ventrale origina dal nucleo intermedio-mediale della lamina VII [Nota del Relatore].
[4] Ad esempio, i caratteri del movimento definito dai circuiti riverberanti della base encefalica si possono esprimere grazie alla definizione della durata dei treni di scarica sinaptica da parte del cervelletto [Nota del Relatore].
[5] Si pensi ai risultati ottenuti nei laboratori di cinematica del passo, e allo studio mediante sistemi costituiti da sofisticate apparecchiature computerizzate (Élite fu il primo di questi sistemi ad essere introdotto in Italia), che consentivano di mettere in relazione i rilievi neurofuzionali con la fenomenica del movimento registrata da speciali sistemi di telecamere. Lo studio della deambulazione, dell’andatura e del passo, in Italia, ha avuto un grande contributo dal lavoro di Silvano Boccardi. Lo studio del movimento umano è stato approfondito in tutti i suoi aspetti anche dai ricercatori che lavorano nel campo della robotica, i quali hanno realizzato prodotti ingegneristici molto interessanti, come gli arti artificiali elettronici (si vedano le recensioni dei lavori nelle “Note e Notizie”) che, attualmente, si sta cercando di collegare direttamente alla corteccia motoria mediante un chip che sembra in grado di tradurre gli stimoli nervosi in impulsi atti a muovere direttamente una sofisticata protesi brachiale elettronica con una mano a pinza [Nota del Relatore].