Ruolo causale della corteccia prefrontale nel modulare attenzione e memoria

 

 

DIANE RICHMOND

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno IX - 02 aprile 2011.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). La sezione “note e notizie” presenta settimanalmente note di recensione di lavori neuroscientifici selezionati dallo staff dei recensori fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci afferenti alla Commissione Scientifica, e notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società Nazionale di Neuroscienze.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Una notevole mole di studi ha documentato da tempo l’importanza della corteccia prefrontale in due processi cruciali per la cognizione umana, ossia l’attenzione selettiva e la memoria di lavoro[1], ma la ricerca non ha ancora chiarito i rapporti che intercorrono fra queste due funzioni neocorticali. Theodore Zanto e collaboratori, combinando stimolazione magnetica transcraniale (TMS), risonanza magnetica funzionale (fMRI) e rilievi ellettroencefalografici (EEG) hanno dimostrato nell’uomo un collegamento causale, dall’alto verso il basso, fra l’attenzione selettiva esercitata nell’elaborazione visiva e la memoria che accompagna il funzionamento cognitivo momento per momento (Zanto T. P., et al. Causal role of the prefrontal cortex in top-down modulation of visual processing and working memory. Nature Neuroscience [Advance online publication doi:10.1038/nn.2773], 2011).

I ricercatori lavorano presso i Dipartimenti di Neurologia, Fisiologia e Psichiatria dell’Università della California a San Francisco.

L’attenzione selettiva filtra l’informazione, scegliendo ciò che sarà codificato ed elaborato dalla memoria di lavoro. Sebbene le reti neuroniche della corteccia prefrontale siano di cruciale importanza sia nel filtro che nella ritenzione delle informazioni da elaborare, i processi funzionali sottostanti il rapporto fra i due compiti neurocognitivi sono ancora scarsamente conosciuti.

Usando la risonanza magnetica funzionale per guidare la stimolazione magnetica transcraniale ripetitiva e rilevando il tracciato elettroencefalografico dell’attività corticale in atto in persone che si sono volontariamente sottoposte all’esperimento, i ricercatori hanno perturbato la funzione della corteccia prefrontale in corrispondenza della giunzione frontale inferiore prima dell’esecuzione di una prova di attenzione selettiva con riconoscimento ritardato.

La stimolazione volta a disturbare l’attività neocorticale determinava una diminuzione della modulazione dall’alto in basso (top-down) dell’attività della corteccia posteriore durante gli stadi iniziali della codifica. La riduzione della regolazione consentiva di prevedere i successivo decremento di accuratezza nella prestazione legata alla memoria di lavoro.

E’ interessante notare che i volontari che prendevano parte alla sperimentazione, nei quali era stata rilevata una più forte connettività fronto-parietale, facevano registrare un maggiore effetto di rottura dell’integrazione funzionale per effetto della perturbazione indotta dalla TMS.

L’analisi dei dati elettroencefalografici indica che una coerenza di fase in una banda alfa ampia (7-14 Hz)[2] costituisce la base di questa modulazione top-down di lunga distanza.

L’evidenza dei dati registrati, per il cui dettaglio si rimanda alla lettura dell’articolo originale, suggerisce che la modulazione dall’alto verso il basso mediata dalla corteccia prefrontale costituisca uno specifico collegamento causale fra processi attentivi immediati e successiva prestazione cognitivo-mnemonica.

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza ed invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che compaiono nelle “Note e Notizie”.

 

Diane Richmond

BM&L-02 aprile 2011

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] E’ invalso l’uso di “memoria di lavoro” per tradurre in italiano l’espressione working memory, che più correttamente andrebbe resa con “memoria di funzionamento”.

[2] Si ricorda che in elettrofisiologia clinica il range di valori fisiologici per la frequenza alfa è 9-13 Hz; già il valore di 8 (in passato indicato come limite fisiologico inferiore) si considera un sub-alfa.