Destabilizzazione da cocaina del genoma cerebrale

 

 

DIANE RICHMOND

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno IX - 26 febbraio 2011.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). La sezione “note e notizie” presenta settimanalmente note di recensione di lavori neuroscientifici selezionati dallo staff dei recensori fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci afferenti alla Commissione Scientifica, e notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società Nazionale di Neuroscienze.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

La cocaina (benzoilmetilecgonina, C17H21NO4) è un alcaloide estratto dalle foglie di coca, noto da lungo tempo come stimolante del sistema nervoso centrale con sede prevalentemente corticale, inibitore dell’appetito ed anestetico locale. E’ nozione farmacologica consolidata che le dosi basse e moderate di cocaina inducono incremento di attività, loquacità, euforia, sensazione di benessere, resistenza alla fatica e riduzione dell’assunzione di cibo[1]. Con il crescere delle dosi si ha induzione di attività motoria ripetitiva e comportamenti stereotipati; a dosi ancora maggiori si ha ipertermia, convulsioni, coma e morte[2].

È intensamente studiata per le gravi conseguenze che determina il suo consumo come sostanza psicotropa d’abuso. È, infatti, una reinforcing drug[3] che appartiene alla classe degli stimolanti psicomotori[4]. L’azione si esplica principalmente attraverso l’interazione con le proteine trasportatrici (DAT, SERT, NET) dei neurotrasmettitori monoamminici dopamina, serotonina e noradrenalina, con inibizione della ricaptazione ed aumento extracellulare del mediatore[5]. L’incremento della quota delle amine biogene che si possono legare al recettore post-sinaptico è determinato anche da altri effetti dell’alcaloide, fra cui l’internalizzazione del DAT.

L’iperstimolazione dei recettori delle monoammine porta ad una complessa cascata di eventi post-sinaptici che interessa molte regioni dell’encefalo e molti sistemi di neurotrasmissione: in sintesi, un adattamento neuronico implicante modificazioni dell’espressione genica di breve e lungo termine e variazioni funzionali temporanee (incluso lo sviluppo di LTP da parte di sinapsi eccitatorie sui neuroni dopaminergici della VTA). Questo adattamento implica importanti effetti sulla trasmissione glutammatergica, sia perché il glutammato ha un ruolo centrale nella plasticità sinaptica - e la compulsione è la conseguenza di una forma di plasticità alterata - sia perché, in molte regioni cerebrali ad innervazione dopaminica, la regolazione è determinata da inputs convergenti di glutammato e dopamina, con la catecolamina come neuromodulatore. La trasmissione dei sistemi a glutammato del nucleo accumbens ha un’importanza critica nel determinare il comportamento di ricerca della cocaina da parte del ratto reso sperimentalmente dipendente. Infine, ricordiamo che gli effetti psicomotori della cocaina più noti e studiati, sono mediati dalla segnalazione dei recettori della dopamina D1 e D2 via PKA.

Questa breve esposizione aveva lo scopo di introdurre i lettori non specialisti dell’argomento ad alcuni aspetti fondamentali nello studio della cocaina, per consentire loro di collocare in un quadro di nozioni di base gli stimolanti risultati ottenuti da Ian Maze del Fishberg Department of Neuroscience, Mount Sinai School of Medicine (New York), e colleghi di un gruppo guidato da Eric Nestler[6] (Maze I., et al. Cocaine dynamically regulates heterochromatin and repetitive element unsilencing in nucleus accumbens. Proceedings of the National Academy of Science USA 108 (7), 3035-3040, 2011).

La ripetuta esposizione alla cocaina induce persistenti alterazioni nelle reti di regolazione trascrizionali di tutto il genoma, attività di rimodellamento della cromatina e, infine, modifiche dei profili di espressione genica nel circuito a ricompensa del cervello[7].

Pressoché tutte le precedenti ricerche sono state focalizzate sugli effetti dell’alcaloide sulle regioni eucromatiche attive del genoma, pertanto ben poco è noto dell’impatto della cocaina sulla regolazione e sul mantenimento dell’eterocromatina nel cervello adulto.

Nestler e colleghi hanno individuato nei neuroni del nucleo accumbens, struttura-chiave del sistema a ricompensa cerebrale, un effetto straordinariamente evidente: la cocaina altera in maniera drammatica e dinamica la trimetilazione in lisina 9 dell’istone eterocromatico H3 (H3K9me3)[8].

La sperimentazione ha poi reso evidente un altro dato veramente rilevante. La ripetuta esposizione alla cocaina causa, nell’area del nucleo accumbens, la persistente riduzione dell’eterocromatizzazione, suggerendo che fra gli effetti di lungo termine della cocaina vi sia un intervento nella regolazione eterocromatinica.

Per identificare con precisione i loci genici affetti da queste alterazioni, i ricercatori hanno realizzato, sul materiale biologico proveniente dal nucleo accumbens, una immunoprecipitazione della cromatina seguita da un parallelo e massiccio sequenziamento del DNA (ChIP-Seq). Le analisi di ChIP-Seq hanno confermato l’esistenza del mark H3K9me3 principalmente all’interno delle regioni intergeniche del genoma e hanno identificato specifici patterns di regolazione di H3K9me3 indotti dalla cocaina nelle sequenze genomiche ripetitive.

I decrementi nell’arricchimento di H3K9me3, mediati dalla cocaina, presso specifiche ripetizioni genomiche [ad esempio, ripetizioni long interspersed nuclear element-1 (LINE-1)] sono stati ulteriormente confermati dall’aumentata espressione nel nucleo accumbens di elementi ripetitivi di LINE-1 associati a retrotrasposoni[9].

Tale aumentata espressione è evidentemente la conseguenza di patterns globali di destabilizzazione genomica in questa regione dell’encefalo, causati dalla ripetuta somministrazione di cocaina.

Concludendo, i risultati di questo studio sono molto eloquenti ed aprono una via maestra a futuri studi sulle basi genetiche ed epigenetiche della dipendenza da cocaina e, più in generale, da sostanze psicotrope d’abuso.

 

L’autrice della nota ha discusso l’argomento trattato con il professor Perrella, Presidente della Società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia, ed ha tratto i dati generali sulla cocaina e le note esplicative e di approfondimento a piede di pagina, da G. Perrella, Appunti di Neurochimica, BM&L, Firenze 2006. Si ringrazia la dottoressa Floriani per la correzione della bozza e si invita alla lettura delle numerose recensioni di lavori originali di argomento connesso che compaiono nella sezione “Note e Notizie”.

 

Diane Richmond

BM&L-26 febbraio 2011

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] L’interferenza con i meccanismi fisiologici della fame può, in alcuni casi e in alcune circostanze, determinare l’effetto paradosso dell’iperfagia.

[2] A questi ben noti effetti acuti si devono aggiungere quelli cronici, che si identificano con i sintomi del danno causato ai vari distretti dell’organismo: ipersomnìa/insonnia, letargia, fame insaziabile, riduzione dell’attenzione, aumentato rischio di ictus cerebrale; rinorrea, congestione nasale, disturbi della voce, dispnea, broncospasmo, asma, emottisi; dolori anginoidi, aumentato rischio di infarto del miocardio, aumentato rischio di morte in cardiopatici, febbre, eosinofilia; abrasione dentale; disturbi cutanei associati a prurito.

[3] Per rinforzo si intende lo speciale effetto di “stamp in” collegato al piacere ed evolutosi per amplificare, attraverso la ripetizione, i comportamenti che portano ad ottenere una ricompensa sessuale o alimentare. La proprietà di rinforzare associazioni apprese di sostanze impiegate compulsivamente ed in grado di causare dipendenza ed effetti tossici alle dosi efficaci (tossicodipendenza) si attribuisce prevalentemente all’attivazione dei neuroni dopaminergici dei sistemi mesocorticolimbici (“sistema a ricompensa”). Tali neuroni dall’area tegmentale ventrale del mesencefalo (VTA) proiettano ad aree corticali e limbiche implicate nell’elaborazione della motivazione, della compulsione e di risposte emotive. Fra queste aree sembra avere un ruolo particolarmente importante per il rinforzo il nucleo accumbens, che funge da interfaccia fra le regioni limbiche e corticali implicate nella motivazione, da un canto, e i circuiti motori importanti per l’esecuzione di comportamenti motivati. Il rinforzo causato dalle sostanze d’abuso è conseguenza di un’interferenza artificiale con sistemi naturali che si sono evoluti per 1. conservare la specie, attraverso meccanismi di amplificazione dei comportamenti che favoriscono la riproduzione, e 2. conservare l’individuo, mediante l’amplificazione dei comportamenti che favoriscono l’assunzione di cibo.

[4] Classe alla quale appartengono anche i derivati dell’amfetamina.

[5] In passato si riteneva la cocaina un inibitore della ricaptazione della sola dopamina, poi, numerosi esperimenti con topi knockout per gli altri trasportatori, hanno dimostrato l’importanza, per il rinforzo, dell’inibizione anche di SERT e NET (si ricorda che l’acronimo deriva dalla “E” di epinephrine, equivalente di adrenaline).

[6] Il lavoro ha avuto come editor Solomon H. Snyder (provenienza: The Johns Hopkins University School of Medicine, Baltimore, MD).

[7] Si invita a consultare la sezione “Note e Notizie” per le numerose recensioni di lavori sui meccanismi molecolari della dipendenza. La maggior parte degli studi è stata condotta su roditori ai quali era stata indotta dipendenza da cocaina.

[8] La metilazione della lisina 9 sull’istone H3 porta alla formazione di un sito di legame per la proteina principale dell’eterocromatina, che induce impacchettamento e, quindi, silenziamento.

Si ricorda che sono descritti 5 tipi di istoni comuni: H1, H2a, H2b, H3 e H4. Per auto-aggregazione, H2a, H2b, H3 e H4 formano un ottamero detto ottamero istonico, intorno al quale si avvolge il DNA formando il nucleosoma.

[9] Ricordiamo che i retrotrasposoni costituiscono una classe di elementi genetici trasponibili e, in particolare, sono segmenti di DNA capaci di trascriversi autonomamente, dando luogo ad un RNA intermedio, e di replicarsi in diverse posizioni all’interno del genoma.