Le
funzioni dei neuroni mediate da endocannabinoidi sono abolite dal difetto
alimentare di omega-3
LORENZO L. BORGIA
NOTE E
NOTIZIE - Anno IX - 19 febbraio 2011.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale
di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). La sezione
“note e notizie” presenta settimanalmente note di recensione di lavori
neuroscientifici selezionati dallo staff
dei recensori fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori
riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci afferenti
alla Commissione Scientifica, e
notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società
Nazionale di Neuroscienze.
[Tipologia del testo:
RECENSIONE]
Spesso
si pensa a carenze alimentari di elementi importanti per la fisiologia
dell’organismo, quali vitamine ed acidi grassi essenziali, come ad eventi
collegati a stati di iponutrizione globale quali quelli che piagano le aree più
povere del mondo, o quale effetto secondario di patologie che compromettono
l’assorbimento, ma di recente è stato accertato che la causa di gran lunga più
frequente di deficit di omega-3 è l’obesità.
Corollario
di quella enorme diffusione dell’eccedenza ponderale che è stata definita
“epidemia di obesità”, particolarmente evidente nei paesi sviluppati dell’Occidente
tecnologico, ma ormai estesamente presente in Africa e in Asia, è la
malnutrizione con i conseguenti squilibri biochimici che ne derivano.
Livelli
bassi di acidi grassi essenziali poli-insaturi, o n-3 PUFA (essential n-3
polyunsaturated fatty acids) sono stati associati con malattie
neuropsichiatriche, ma i processi che determinano le alterazioni sinaptiche
alla base della patogenesi del danno sono in gran parte sconosciute. I
meccanismi molecolari delle disfunzioni cerebrali causate da carenza di omega-3
sono state indagate da Mathieu Lafourcade e vari collaboratori del gruppo di
ricerca di Olivier Manzoni afferenti all’INSERM di Bordeaux e all’Università di
Bordeaux (Francia), al Dipartimento di Neuroscienze dell’Università del Paese
Basco a Bizkaia (Spagna) e ad altri istituti francesi e spagnoli (Mathieu Lafourcade et al.,
Nutritional omega-3 deficiency abolishes endocannobinoid-mediated neural
functions. Nature Neuroscience [Advance online
publication doi:10.1038/nn.2736], 2011).
Gli
acidi grassi insaturi[1] detti n-3, ω-3 o omega-3, sono una famiglia di composti
organici che presenta doppi legami fra gli atomi di carbonio
(insaturazione) ed è accomunata dalla posizione del primo doppio legame che è
posto, a contare dall’estremo metilico (CH3), in corrispondenza del terzo legame (n-3 od ω-3) carbonio-carbonio che costituisce
la catena molecolare. Storicamente[2]
gli acidi grassi linoleico, linolenico e arachidonico sono stati i primi ad essere considerati importanti
nel metabolismo umano e definiti essenziali, perché necessari all’organismo che,
però, non è in grado di biosintetizzarli e dipende, perciò, dalla loro
assunzione con la dieta. Questo requisito, in comune con le vitamine, portò ad
indicare gli ω-3 col nome di vitamina F[3].
Attualmente
si ritiene che gli n-3 PUFA importanti nella nutrizione umana
siano l’acido α-linolenico (18 atomi, 3 doppi legami), l’acido eicosapentaenoico (20 atomi, 5 doppi legami) e l’acido docosaesaenoico (22 atomi, 6 doppi legami). Tutti i doppi legami sono in cis-configurazione, il che vuol dire che
i due atomi di H sono disposti entrambi dalla stessa parte del doppio legame:
la forma cis rende questi composti
più facilmente trasformabili.
La sperimentazione del team
di Olivier Manzoni ha evidenziato che l’insufficiente apporto dietetico di n-3 PUFA, durante tutta la vita, elimina specificamente la depressione sinaptica di lungo termine (LTD) mediata dagli endocannabinoidi[4] nella corteccia prefrontale delle aree
prelimbiche e nel nucleo accumbens.
Lo studio, nel topo, dei recettori degli endocannabinoidi,
ha rivelato un’interessante anomalia funzionale: i recettori presinaptici CB1[5], nei roditori nei quali era stato
indotto lo stato fisiopatologico del deficit di omega-3, rispondevano normalmente ai loro
ligandi naturali, ma risultavano disaccoppiati dai loro effettori, ossia le proteine Gi/o.
Lafourcade e colleghi, hanno poi accertato che la riduzione della funzione dei recettori CB1 indotta dal
deficit dietetico, nelle strutture cerebrali implicate nella regolazione del
tono dell’umore, era associata con un comportamento
emozionale
profondamente disturbato.
I risultati di questo studio indicano nell’eliminazione dell’LTD un possibile sostrato sinaptico per alterazioni
neuropsichiche, con potenziali conseguenze emozionali, affettive, ideative e comportamentali,
determinate da una deficienza di n-3 PUFA equivalente a quella rilevata dagli
studi epidemiologici nelle diete più frequentemente seguite nel mondo
occidentale.
Il lavoro qui recensito è stato illustrato e commentato dal
prof. Perrella nel corso di una relazione intitolata “Cibo e Cervello: Realtà e
Miti”. L’autore della nota invita alla
lettura delle recensioni di lavori originali di argomento connesso che
compaiono nella sezione “Note e Notizie”.
[1] Chimicamente, in base al numero di doppi legami, gli acidi grassi insaturi sono divisi in serie: 1) SERIE OLEICA o serie monoetilenica, con un doppio legame; 2) SERIE LINOLEICA o serie dietilenica, con 2 doppi legami; 3) SERIE LINOLENICA o serie trietilenica con 3 doppi legami; 4) SERIE ARACHIDONICA o serie tetraetilenica con 4 doppi legami; 5) SERIE CLUPADONICA o serie pentaetilenica con 5 doppi legami.
[2] L’importanza degli acidi grassi poli-insaturi nella dieta era stata già riconosciuta negli anni Trenta, ma la sua dimostrazione sperimentale si ebbe nel 1940, quando Bernhard dimostrò che l’acido stearico si trasforma facilmente nell’organismo in acido oleico (con un solo doppio legame), ma mai in acido linoleico (2 doppi legami) e linolenico (3 doppi legami).
[3] In base a questo requisito, ad esempio, il γ-lattone dell’acido 2-chetogulonico o acido L-ascorbico o vitamina C è un ormone per molti animali in grado di biosintetizzarlo, mentre è una vitamina per la cavia, la scimmia e l’uomo.
[4] I composti naturali,
quali l’anandamide (N-arachidonil-etanolammina o AEA) e il 2-AG (2-arachidonil-glicerolo), capaci di legarsi ai recettori CB1
nel sistema nervoso centrale e CB2 alla periferia occupati dal
principio attivo della cannabis
(Δ9-tetraidrocannabinolo), sono detti endocannabinoidi e costituiscono
un’eccezione rispetto alle altre molecole di neurotrasmissione (acetilcolina,
amine biogene e peptidi) perché derivano da lipidi, non sono immagazzinati in
vescicole sinaptiche e sono prodotti “a richiesta” in base alle esigenze del
momento, suggerendo un ruolo di fine
regolazione.
[5] CB1,
recettore degli endocannabinoidi
accoppiato a proteine Gi/o ed
espresso nel sistema nervoso centrale, è stato clonato nel 1990; CB2, recettore periferico, è stato
clonato nel 1993. Un alto grado di espressione di CB1 è stato
riscontrato nella corteccia cerebrale, nei nuclei della base, nell’ippocampo,
nell’amigdala, nel cervelletto e nei nuclei del tronco encefalico. La
localizzazione di CB1 è prevalentemente presinaptica
sia in sinapsi eccitatore
glutammatergiche, sia in sinapsi inibitorie
GABA-ergiche. E’ nota l’esistenza di altri recettori degli endocannabinoidi, ma
gli studi per la loro caratterizzazione sono ancora in corso.
Più in generale, sui cannabinoidi endogeni ed
esogeni, si consiglia la lettura delle numerose recensioni di lavori che
compaiono nella sezione “Note e Notizie” (ad esempio Note e Notizie 05-09-09 La cannabis è
cancerogena oltre che lesiva per il cervello) e degli altri scritti sulla cannabis
pubblicati su questo sito, in particolare la scheda introduttiva in
AGGIORNAMENTI: BM&L sulla
cannabis.