Sclerosi Multipla e insufficienza venosa cerebrospinale cronica (CCSVI): comunicazione della Società Nazionale di Neuroscienze

 

 

LUDOVICA R. POGGI

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno VIII - 18 dicembre 2010.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). La sezione “note e notizie” presenta settimanalmente note di recensione di lavori neuroscientifici selezionati dallo staff dei recensori fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci afferenti alla Commissione Scientifica, e notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società Nazionale di Neuroscienze.

 

 

[Tipologia del testo: COMUNICAZIONE DELLA SOCIETA’ NAZIONALE DI NEUROSCIENZE BM&L-ITALIA]

 

In ordine alle numerosissime richieste di informazioni che ci sono giunte e continuano a giungerci, circa l’efficacia di una terapia della sclerosi multipla basata sull’ipotesi di Paolo Zamboni, la Società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia ha deciso di fornire una risposta collettiva mediante una comunicazione rivolta a tutti i visitatori del sito.

Prima di entrare nel merito della questione, a beneficio di coloro che non abbiano conoscenze specialistiche al riguardo, si intende precisare che ad oggi non è stato dimostrato un nesso eziopatogenetico fra l’insufficienza venosa e la sclerosi multipla, e che la ragionevole influenza negativa sulla malattia delle malformazioni venose congenite tronculari potrebbe agire favorendo i processi patologici e/o riducendo l’efficienza dei meccanismi difensivi e riparativi[1]. In questa ipotesi, si può prefigurare che il ripristino di condizioni fisiologiche di perfusione dell’encefalo conduca a due possibili esiti: influenzare permanentemente i processi patogenetici con un’evoluzione complessivamente più benigna, oppure determinare un effetto shock sui processi autoaggressivi e degenerativi con un temporaneo beneficio che svanirebbe a distanza di qualche anno. Naturalmente, per sviluppare congetture più fondate al riguardo, è necessario attendere che la ricerca fornisca le conoscenze necessarie per indicare i meccanismi responsabili dei processi in questione.

Allo stato attuale delle conoscenze, perciò, se è ragionevole ipotizzare che l’intervento chirurgico di correzione delle anomalie vascolari sortisca degli effetti positivi, sia pure temporanei, sulla sintomatologia, non vi sono elementi per considerare gli interventi praticati dal professor Zamboni una “cura della sclerosi multipla”.

Intanto, sarà necessario dimostrare con maggior certezza una correlazione fra l’insufficienza venosa cronica cerebrospinale e la malattia degenerativa della mielina, perché i risultati più convincenti in questo senso sono stati ottenuti dal team di Zamboni e da gruppi in qualche modo collegati. Un primo passo importante, come vedremo più avanti, è la realizzazione di uno studio epidemiologico indipendente che valuti su grandi numeri la significatività dell’associazione fra l’insufficienza venosa e la sclerosi multipla. Un passo successivo, se il primo darà esito positivo, consisterà nel definire i meccanismi molecolari del rapporto fra le mutate condizioni di perfusione e i processi autoaggressivi, degenerativi e riparativi che costituiscono la patogenesi e la fisiopatologia nota della più comune malattia demielinizzante[2].

L’insufficienza venosa cerebrospinale cronica (CCSVI) è una sindrome emodinamica caratterizzata dall’insufficiente drenaggio del sangue del sistema nervoso centrale da parte delle vene cervicali e toraciche, verosimilmente per stenosi e malformazioni dei vasi dei sistemi giugulare e azygos[3]. In particolare, stenosi della giugulare interna e/o dell’azygos causano l’apertura di collaterali e la riduzione del flusso ematico cerebrale studiato mediante MRI perfusionale[4].

Descritta da Paolo Zamboni nel 2009[5], la CCSVI è stata inclusa fra le malformazioni venose congenite tronculari, che si sviluppano fra il terzo e il quinto mese di vita intrauterina. Le alterazioni sono varie, in una gamma che va dalle displasie alla completa agenesia della vena, presentando forme quali stenosi anulari, valvole venose anomale che si presentano come setti endoluminali, ipoplasie, torsioni e ostruzioni membranose.

Il professor Paolo Zamboni dell’Università di Ferrara, con i suoi collaboratori, e il dottor Fabrizio Salvi dell’Università di Bologna, hanno per primi ipotizzato un legame patogenetico fra l’insufficienza cerebrovascolare e la sclerosi multipla. Nel primo studio, pubblicato nell’aprile 2009, furono poste a confronto 65 persone affette da sclerosi multipla con persone sane e pazienti affetti da altre malattie neurologiche, per un totale di 235 soggetti di controllo. Con il protocollo adottato, la correlazione fra le due patologie risultò molto stretta ma, ad oltre un anno di distanza, le numerose altre sperimentazioni condotte e in via di svolgimento non hanno presentato risultati univoci, ed alcuni studi concepiti secondo protocolli diversi da quello impiegato da Zamboni non hanno confermato i risultati. La correlazione epidemiologica non può essere considerata tanto certa quanto alcune percentuali farebbero supporre - si pensi allo studio condotto a Buffalo[6] che indica dal 56,4% al 62,5% - e necessita di ulteriori verifiche su grandi numeri.

Intanto Zamboni, fermamente convinto dell’utilità del trattamento endovascolare mediante angioplastica transcutanea, è andato avanti ed ha sperimentato il trattamento operatorio in 65 pazienti affetti da tre forme cliniche diverse di sclerosi multipla, rilevando un apparente giovamento.

Come più sopra accennato, al fine di stabilire con sufficiente certezza scientifica una relazione epidemiologica fra CCSVI e sclerosi multipla, L’AISM (presieduta da Rita Levi-Montalcini) e la FISM hanno avviato uno studio epidemiologico inteso a valutare la prevalenza delle malformazioni venose non solo in persone diagnosticate di sclerosi multipla, ma anche di altre malattie neurologiche (per i dettagli relativi al protocollo sperimentale, agli autori dello studio e ai centri che vi partecipano, si rimanda al sito web dell’AISM: www.aism.it).

Da questa sperimentazione e da altre, che si spera siano avviate all’estero su un campione ancora più numeroso, si attende una risposta sull’esistenza di un’associazione fisiopatologicamente significativa fra le due condizioni, ma per avere elementi certi circa il rilievo eziopatogenetico, si dovrà attendere la risposta della ricerca sui meccanismi molecolari.

 

                                                                                                                      Ludovica R. Poggi

BM&L- 18 dicembre 2010

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] Si pensi, nella malattia di Alzheimer, alle cause estrinseche che favoriscono l’accumulo dei peptidi β-amilodi: se si agisce drasticamente su una di queste cause, si può rallentare il decorso dei sintomi cognitivi della malattia, ma non arrestare il decorso, perché queste cause estrinseche di accumulo, che esistono anche in persone non affette, non costituiscono l’eziologia specifica della degenerazione.

[2] Ricordiamo che una notevole mole di studi, soprattutto in ambito genetico e immunologico, suggerisce che l’etichetta clinica “sclerosi multipla” raggruppi casi che, accomunati dai contrassegni patologici, costituiscono un insieme eterogeneo per processi di base. Secondo questa tesi, il procedere della ricerca definirà malattie etiologicamente diverse per le quali si dovrebbe giungere a terapie eziologiche diverse.

[3] Qiu J., Venous abnormalities and multiple sclerosis: another breakthrough claim? Lancet Neurol 9 (5): 464-465, 2010.

 

[4] Zamboni P. & Galeotti R., The chronic cerebrospinal venous insufficiency syndrome. Phlebology 25 (6): 269-279, 2010.

[5] Zamboni P. et al. Insufficienza venosa cronica cerebrospinale in pazienti con sclerosi multipla. J Neurol Neurosurg Psychiatry 80 (4): 392–399, 2009 (articolo disponibile gratuitamente).

[6] Il lavoro è condotto dal professor Zivadinov, vice-presidente della International Society for Neurovascular Diseases, presieduta dallo stesso Zamboni.