Come il piacere del gusto riduce lo stress

 

 

NICOLE CARDON & GIUSEPPE PERRELLA

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno VIII - 4 dicembre 2010.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). La sezione “note e notizie” presenta settimanalmente note di recensione di lavori neuroscientifici selezionati dallo staff dei recensori fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci afferenti alla Commissione Scientifica, e notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società Nazionale di Neuroscienze.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

La tendenza ad assumere dolci o altri alimenti dal sapore gradevole in condizioni di frustrazione, stress, dispiacere, delusione e perfino rabbia, è ben nota agli psichiatri ed è stata variamente interpretata sulla base delle principali teorie psicologiche. Alcune interpretazioni generiche hanno trovato facile diffusione nella cultura popolare e massmediatica, tanto che da decenni si è diffuso l’adagio “è bisogno d’affetto” per tentare di comprendere o giustificare ogni intemperanza della gola. Talvolta l’abitudine alla ricerca del compenso emotivo mediante alimenti dolci quali gelati, torte, paste, cioccolato e biscotti, innesca un comportamento compulsivo dal quale origina un vero e proprio disturbo dell’alimentazione. La bulimia in persone non obese rivela spesso un’assunzione compulsiva di dolci. Da tempo la ricerca indaga nei roditori di laboratorio le basi neurofisiologiche di questi automatismi, accostati da alcuni a quelli della tossicodipendenza[1], ed ha ottenuto risultati interessanti, ad esempio accertando che a parità di potere dolcificante gli animali preferivano il composto più calorico (saccarosio), rivelando una base di vantaggio selettivo per la sopravvivenza nella preferenza dei carboidrati[2]. Più di recente si è cominciato ad indagare i processi che mettono in relazione la risposta allo stress[3] con l’assunzione di alimenti gustosi (palatable), quasi sempre rappresentati negli esperimenti dal saccarosio.

Yvonne M. Ulrich-Lai del Department of Psychiatry and Behavioral Neuroscience, University of Cincinnati, lavorando nel laboratorio di James P. Herman del Department of Internal Medicine della stessa Università, con numerosi collaboratori provenienti da altre istituzioni, ha indagato le basi neurobiologiche della motivazione al consumo di alimenti gradevoli al gusto nei periodi di stress (Ulrich-Lai Y. M., et al. Pleasurable behaviors reduce stress via brain reward pathways. PNAS USA 107 (47), 20529-20534, 2010).

La sperimentazione nei ratti ha dimostrato che l’assunzione di una bevanda di saccarosio, in una quantità limitata e definita sulla base di studi precedenti, era in grado di ridurre le risposte cardiovascolari, neuroendocrine e comportamentali allo stress.

I ricercatori hanno voluto accertarsi se gli effetti dipendessero o meno dalla percezione gustativa, pertanto hanno realizzato la bevanda con un dolcificante artificiale ipocalorico, ossia la saccarina, che si lega a recettori per il gusto dolce ben caratterizzati anche da un punto di vista genetico[4]. L’esame dei ratti dopo il nuovo trattamento faceva rilevare gli stessi esiti dell’esperimento condotto con il disaccaride che comunemente chiamiamo zucchero: riduzione delle risposte comportamentali, neuroendocrine e del sistema cardiovascolare. La verifica mediante somministrazione intragastrica di saccarosio, che esclude il contatto con i recettori localizzati nelle papille gustative e nelle altre aree dell’epitelio buccofaringeo, ha fornito la controprova evidenziando una normale risposta allo stress: non era il valore metabolico-energetico del saccarosio ad innescare i processi in grado di moderare le reazioni, ma il sapore dolce avvertito dall’animale.

Un tale risultato suggerisce che le proprietà gustative del saccarosio, collegate all’attivazione del sistema a ricompensa, sono necessarie e sufficienti per produrre riduzione dell’entità della risposta allo stress dell’intero organismo.

Un effetto simile è stato riscontrato anche per l’attività sessuale, un’altra funzione che ha un ruolo di gratificazione, come si è soliti dire con una terminologia psicologica entrata in uso anche nella ricerca neurobiologica di base. L’esperienza positiva è in gran parte dovuta all’attivazione del sistema a ricompensa (RS, da rewarding system) che ha nell’area tegmentale ventrale (VTA, da ventral tegmental area) uno dei centri più importanti, ma che si compone di numerose aree di elaborazione che includono gruppi neuronici appartenenti al cosiddetto sistema limbico.

Sono state prodotte nei ratti delle lesioni mediante ibotenato nei nuclei disposti nell’area baso-laterale del complesso nucleare amigdaloideo (amigdala basolaterale): il danno neurale precludeva gli effetti inibitori del saccarosio sulle risposte sistemiche e comportamentali allo stress. Tale risultato ha suggerito ai ricercatori che l’amigdala basolaterale abbia un ruolo fondamentale nel mediare l’azione inibitoria originata dal sapore dolce del disaccaride e, pertanto, che i neuroni di tale area meritassero uno studio più particolareggiato. A tale scopo è stata studiata l’espressione genica in relazione all’assunzione dello zucchero.

Nelle cellule nervose dell’amigdala basolaterale l’assunzione di saccarosio ha accresciuto il livello di mRNA e proteine di numerosi geni associati a plasticità strutturale e funzionale.

Questo dato è molto interessante, per le implicazioni che suggerisce in termini fisiologici, e spiega anche perché l’abbassamento di risposta indotto dalle sostanze dolci è persistente: i cambiamenti di lungo termine dell’attività neurale che seguono il modellamento sinaptico assicurano all’assetto inibitorio risultante una certa stabilità, in assenza di stimoli plastici orientati in senso inverso.

Questi risultati indicano chiaramente che ricompense naturali, come alimenti gustosi, forniscono un mezzo generale ed efficace per la riduzione degli effetti dello stress mediante una modulazione strutturale e funzionale delle sinapsi dei neuroni dell’amigdala basolaterale, che costituisce l’effettore centrale delle risposte vegetative e somatiche tipiche dell’assetto dell’organismo nello stato di stress.

In conclusione, si può notare che l’azione diretta sui nuclei basolaterali dell’amigdala costituisce una base neurobiologica significativa della motivazione a ricorrere a questa sorta di sedazione naturale, verosimilmente presente in un numero altissimo di specie animali. Inoltre, i dati emersi da questo studio costituiscono un contributo alla ricerca ed alla riflessione clinica sulla bulimia e sull’obesità di origine psicogena, così come su altri disturbi connessi con lo stress.

 

Gli autori della nota invitano alla lettura delle recensioni di lavori originali di argomento connesso nella sezione “NOTE E NOTIZIE”.

 

                                       Nicole Cardon & Giuseppe Perrella

BM&L- 4 dicembre 2010

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] L’accostamento è improprio perché non si dipende da una sostanza psicotropa direttamente tossica sul cervello alle dosi in grado di produrre effetti (si veda nella sezione “IN CORSO” del sito “La bulimia non è una tossicodipendenza”).

[2] Si scorra l’elenco delle “Note e Notizie” per la recensione del lavoro originale e di molti altri studi di argomento connesso.

[3] I sistemi che mediano la risposta allo stress nell’animale rappresentano un sostrato biologico comune con l’uomo per le reazioni agli eventi sgradevoli e sfavorevoli, oltre a quelli che minacciano l’integrità fisica.

[4] Ricordiamo che l’identificazione di Tas1R3 con il gene della sensibilità alla saccarina Sac, fornì la prima evidenza che i recettori T1 sono implicati nella percezione gustativa del dolce (si veda in G. Perrella, Appunti di Neurochimica. BM&L-Italia, Firenze 2006).