Basi
cerebrali della psicopatia, un disturbo ignorato dal DSM
GIOVANNA REZZONI
NOTE E
NOTIZIE - Anno VIII - 27 novembre 2010.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale
di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). La sezione
“note e notizie” presenta settimanalmente note di recensione di lavori
neuroscientifici selezionati dallo staff
dei recensori fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori
riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci afferenti
alla Commissione Scientifica, e
notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società
Nazionale di Neuroscienze.
[Tipologia del testo: SINTESI
DI UNA RELAZIONE]
(Quinta
Parte)
Oltre
alla corteccia orbitofrontale e all’amigdala, altre due aree del sistema
paralimbico si sono rivelate ipotrofiche all’indagine condotta da Kiehl e
collaboratori: la corteccia cingolata anteriore e l’insula[1].
Gli
studi volti a chiarire il ruolo fisiologico della corteccia della parte
anteriore del giro del cingolo hanno indicato la partecipazione di questa
formazione alla regolazione di stati emotivi, al monitoraggio degli errori[2]
e al controllo delle reazioni impulsive dipendenti dall’attività di circuiti di
livello più basso nell’organizzazione funzionale dell’encefalo.
L’ipotrofia
della corteccia cingolata anteriore potrebbe essere messa in relazione con il
deficit di controllo di impulsi improvvisi, che nello psicopatico si presentano
quasi come un fulmine a ciel sereno, in una coscienza che non è quasi mai preda
di stati emotivi di generale eccitazione. La mancanza di un’efficiente
segnalazione psichica d’errore sarebbe alla base della difficoltà degli
psicopatici di rilevare gli errori commessi, riconoscerli e modificare
conseguentemente il proprio comportamento. A questa base neurobiologica
potrebbe essere ricondotta anche la reiterazione di reati con comportamenti
negligenti ed imprudenti che portano i delinquenti psicopatici ad essere
ripetutamente arrestati, processati e condannati, per gli stessi reati o per
reati diversi ma commessi con la stessa noncuranza o gli stessi errori nella
condotta criminale.
L’Insula
di Reil o insula, così detta perché costituisce una isola di corteccia
localizzata, per ripiegamento del manto corticale, al di sotto del livello
della superficie emisferica, interviene con un ruolo che si suppone di
regolazione, anche se non ancora ben chiarito, in una serie eterogenea di stati
fisiologici ed esperienze: ostilità, rabbia, paura, disgusto, empatia e dolore.
A questo elenco si deve aggiungere un ruolo apparentemente più definito e
consistente nel riconoscimento della violazione di norme sociali, quali leggi,
regole di lealtà, e vari tipi di convenzioni fondate sul rispetto degli altri.
Questo
profilo fisiologico dei sistemi dell’insula tracciato dalla ricerca, è coerente
con l’ipotesi di un difetto funzionale in quest’area del cervello degli
psicopatici che, incapaci di empatia, resistenti al disgusto, imprevedibili
nelle espressioni di avversione, privi di paura e timore, manifestano tendenza
alla violazione delle norme sociali. Inoltre, l’intervento dell’insula nella
definizione della qualità spiacevole o sgradevole dell’esperienza del dolore,
spiegherebbe il risultato di quegli studi che hanno mostrato indifferenza alla
percezione dolorifica ed alla minaccia di induzione di sensazioni algiche anche
mediante scariche elettriche.
Il
rilievo di un rapporto così significativo e suggestivo fra le manifestazioni
psicologiche e comportamentali degli psicopatici e le loro strutture cerebrali
di dimensioni inferiori alla norma, suscita un interrogativo, sempre pertinente
quando si tratta di disturbi mentali: quanto vi è di congenito e quanto di
acquisito? La sperimentazione finora condotta non consente di dare una risposta
scientificamente certa, tuttavia gli estensivi studi condotti su persone con
comportamenti antisociali, che hanno stimato una divisione al 50% della
responsabilità di eredità ed ambiente, fanno ritenere importanti entrambe le
componenti anche nel determinarsi del quadro cerebrale della psicopatia.
D’altra parte, la domanda sul peso relativo dei geni e dell’ambiente andrebbe
ridefinita con precisione, indicando almeno se si riferisce al manifestarsi di
un fenotipo cerebrale, di uno stato funzionale o di un quadro nosografico.
A mio avviso, un primo importante passo
consisterebbe nell’individuare le correlazioni più strette (costanti) e
significative fra elementi del funzionamento mentale (incapacità di
empatizzare, emozionarsi, riconoscere il pericolo, gli errori, ecc.) e i
reperti di neuroimaging, e poi, su
questa base, individuare per screening
le persone con queste caratteristiche, cercando di riconoscere degli elementi
già presenti nell’infanzia per un’identificazione precoce, che potrebbe
consentire ai genitori di scegliere un modello educativo in grado di ridurre la
componente ambientale, apparentemente necessaria alla manifestazione dei tratti
indesiderati.
L’anamnesi
e le storie personali di psicopatici e persone diagnosticate di disturbo
antisociale di personalità non presentano caratteristiche costanti: in alcuni
casi, un’infanzia difficile con genitori tossicodipendenti, emarginati,
violenti, assenti o inadeguati, ha profondamente segnato gli anni dello
sviluppo della personalità e quelli successivi; in altri casi, un contesto
familiare ottimale per equilibrio affettivo ed educazione ha evidenziato
precocemente tendenze e comportamenti difformi e poco coercibili, da “pecora
nera”; in altri ancora, non si è rilevato nulla di anomalo. Si può notare, di
passaggio, la tendenza delle famiglie di più alto livello socio-economico ad
enfatizzare le qualità positive dei ragazzi che si riveleranno psicopatici,
minimizzando come marachelle delle azioni intese ad arrecare danno per gioco,
anche quando costituiscono dei veri e propri reati.
Una
trattazione a parte, che esula dai limiti di questa esposizione, meriterebbero
i casi di psicopatici che rivelano, accanto all’incapacità empatica e di
riconoscimento dei segnali mimico-espressivi delle emozioni altrui, turbe del
piacere, del desiderio e del comportamento sessuale. Nella ricostruzione
anamnestica della storia personale di queste persone, condotta con l’ausilio
dei familiari, talvolta si registrano comportamenti strani o insoliti fin dall’infanzia,
talaltra nel corso della pubertà e dell’adolescenza.
Kiehl
e Buckholtz ritengono che, come accade per l’apprendimento della lingua, anche
per l’acquisizione degli elementi cognitivi e relazionali che costituiscono la
base della coscienza morale, esista un periodo di massima recettività
nell’infanzia: durante questo periodo bisognerebbe operare in modo da creare
delle memorie più forti e stabili della media, per fare fronte alle spinte
derivanti dall’insieme delle caratteristiche del funzionamento mentale
psicopatico.
Ma,
attualmente, quando si giunge ad una diagnosi di psicopatia nell’adulto che,
nella maggior parte dei casi arreca danni al prossimo o si è già reso
responsabile di crimini, quali sono le prospettive del trattamento? E’ lecito
sperare nell’efficacia delle cure psicologiche?
[continua]
L’autrice della nota ringrazia il presidente della Società
Nazionale di Neuroscienze che le ha consentito di apportare tagli alla sua
relazione, riassunta nel presente testo.
[1] I risultati sono sintetizzati in Kent A. Kiehl & Joshua W. Buckholtz, op. cit., p. 27. Il sistema paralimbico è costituito, nel suo complesso, dalla corteccia orbito-frontale, dal giro del cingolo, dall’insula, dall’amigdala e dal polo temporale [Nota del Relatore].
[2] Soprattutto gli studi volti a determinare le basi neurofunzionali del disturbo ossessivo-compulsivo, hanno prodotto evidenze a favore di un ruolo di questa formazione nel partecipare all’attività di un circuito segnalatore di errori, che in quella sindrome è iperfunzionante: il cosiddetto wrong circuit. All’opposto, negli psicopatici l’attività di tale circuito sarebbe deficitaria [Nota del Relatore].