Nella chimica del prione le basi della suscettibilità al contagio

 

 

DIANE RICHMOND

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno VIII - 27 novembre 2010.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). La sezione “note e notizie” presenta settimanalmente note di recensione di lavori neuroscientifici selezionati dallo staff dei recensori fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci afferenti alla Commissione Scientifica, e notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società Nazionale di Neuroscienze.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Il polipeptide che, contravvenendo alla regola della biologia molecolare di Watson e Crick, si replica e per questo motivo ha meritato il nome di prione (prion), inizialmente è stato studiato quasi esclusivamente nell’isoforma responsabile delle malattie trasmissibili, ma negli ultimi anni ha rivelato un profilo molto interessante come glicoproteina normalmente espressa sulla superficie di molti tipi cellulari, e maggiormente concentrata nelle aree pre- e post-sinaptiche, incluse le placche neuromuscolari del muscolo striato.

Le malattie da prioni si sviluppano quando la proteina prionica (PrP) converte la sua normale configurazione ad α-elica[1] in una β-configurazione patologica dotata della proprietà infettiva (PrPSc)[2]. L’esposizione a PrPSc proveniente da altri mammiferi può catalizzare questa conversione. L’osservazione delle infezioni da prioni e la riproduzione sperimentale del processo di trasmissione hanno fornito evidenze sulle differenze di suscettibilità fra specie: i criceti e i topi mostrano una suscettibilità relativamente alta, mentre conigli, cavalli e cani risultano scarsamente sensibili[3]. Khan e collaboratori del Campbell Family Institute for Cancer Research, Ontario Cancer Institute/University Health Network, e del Department of Biochemistry, University of Toronto, hanno trovato la chiave della suscettibilità all’infezione nella propensione della PrP ad assumere la conformazione a β-struttura e nelle interazioni locali della catena laterale (Kahn M. Q., et al. Prion disease susceptibility is affected by {beta}-structure folding propensity and local side-chain interactions in PrP. Proceedings of the National Academy of Science USA 107 (46), 19808-19813, 2010).

In precedenti studi, condotti mediante proteine prioniche ricombinanti, è emerso che a pH basico o neutro PrP adotta una configurazione ad α-elica tipica della forma cellulare PrPC e contraddistinta dal ponte disolfuro nativo. Quando il ponte disolfuro è ridotto, PrPC si riarrangia prevalentemente in β-struttura: β-PrP[4]. Tale forma predomina a pH acido e condivide proprietà distintive di PrPSc, inclusa la parziale resistenza alla proteolisi e la tendenza ad aggregarsi in fibrille. Si è ipotizzato che β-PrP sia una forma intermedia per giungere a PrPSc, e si è notato che le condizioni necessarie al viraggio alla forma β-PrP coincidono con quelle cui va incontro PrPC nella cellula durante l’internalizzazione ed il riciclo (i bassi valori di pH degli endosomi tardivi e dei lisosomi). Altri studi hanno poi dimostrato che si può indurre la formazione delle classiche fibrille amiloidi senza la riduzione dei ponti disolfuro.

Il meccanismo di propagazione era inizialmente descritto come un meccanismo di riconfigurazione degli eterodimeri, mentre oggi si ritiene plausibile un meccanismo di polimerizzazione nucleata, in cui la stabilizzazione di PrPSc si verifica solo a seguito della formazione di un oligomero grande abbastanza da costituire un nucleo stabile: la proteina monomerica si depositerebbe in questo nucleo oligomerico adottando la struttura PrPSc.

Kahn e colleghi, usando un nuovo approccio per la stima quantitativa degli stati conformazionali di PrP mediante il dicroismo circolare (CD, da circular dichroism), hanno riscontato che la vulnerabilità alla trasmissione dei prioni è strettamente connessa con la propensione intrinseca della proteina prionica dei mammiferi a convertirsi dalla forma α-elica nativa alla β-configurazione citotossica, che esiste in un equilibrio monomero-ottamero.

Era ritenuta una questione controversa se i monomeri con β-struttura esistessero a pH acido: l’equilibrio di sedimentazione e l’evidenza di una duplice lunghezza d’onda CD suggeriscono un equilibrio fra monomeri a β-struttura ed ottameri, in alcune condizioni di pH acido.

I ricercatori hanno poi eseguito uno studio strutturale cristallografico, mediante raggi X, del PrP di coniglio, che ha consentito di identificare un motivo-chiave (un helix-capping), implicato nella bassa suscettibilità del coniglio alle malattie da prioni.

La rimozione di questo motivo, ha accresciuto la propensione verso l’assunzione della β-configurazione da parte del PrP di coniglio, facendola giungere al grado di quella del topo, notoriamente una delle specie più sensibili e recettive per lo sviluppo di malattie da prioni.

In conclusione si può notare che, sebbene vi sia ancora molto lavoro da compiere per la definizione delle basi molecolari della suscettibilità alle infezioni da prioni, studi come questo condotto da Kahn e colleghi stanno contribuendo a comporre un quadro che fino a qualche anno fa non era nemmeno abbozzato. 

 

L’autrice della nota ringrazia il presidente della Società Nazionale di Neuroscienze, Giuseppe Perrella, con il quale ha discusso l’argomento trattato e invita, per approfondimenti sui prioni, alla lettura degli scritti qui di seguito elencati.

 

 

APPROFONDIMENTI

 

1) Note e Notizie 13-03-10 I prioni proteggono la mielina

2) Note e Notizie 17-10-10 Sviluppo spontaneo della forma infettiva di prione nella FFI

3) Note e Notizie 09-05-09 Il prione nella malattia di Alzheimer

4) Note e Notizie 02-05-09 Interazione prione beta-amiloide nella malattia di Alzheimer

5) Note e Notizie 24-01-09 Il prione ha un ruolo nell’olfatto

6) Note e Notizie 13-09-08 L’interferenza RNA per le malattie da prioni

7) Note e Notizie 25-10-08 I prioni e la barriera fra le specie

8) Note e Notizie 14-06-08 La proteina prionica attenua l’eccitotossicità

9) Note e Notizie 02-10-04 Prione: prove dell’azione patogena

10) Aggiornamenti. Nuove prospettive per l’encefalopatia da prioni. Firenze, 24 luglio 2004, scheda introduttiva: “Lo stato dell’arte di Stanley B. Prusiner”.

 

                                                                                                                        Diane Richmond

BM&L-27 novembre 2010

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

_____________________________________________________________________________________________________________________

 

La Società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia, affiliata alla International Society of Neuroscience, è registrata presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze, Ufficio Firenze 1, in data 16 gennaio 2003 con codice fiscale 94098840484, come organizzazione scientifica e culturale non-profit.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Ha prevalentemente una configurazione ad α-elica. Il dominio C-terminale è costituito da tre α-eliche e un breve tratto antiparallelo in β-configurazione. Le eliche 2 e 3 sono stabilizzate da un singolo ponte disolfuro. Vi sono anche due siti di glicosilazione associati all’asparagina. La regione N-terminale è caratterizzata da un segmento che contiene cinque ripetizioni di una sequenza di otto aminoacidi - la cui espansione per mutazione determina lo sviluppo di malattie ereditarie da prioni - e dalla presenza di due siti di legame ad alta affinità per il Cu2+ che possono legare anche lo Zn2+. Evidenze sperimentali suggeriscono un ruolo nel metabolismo e nel trasporto del rame e dello zinco e, probabilmente, la transizione nell’isoforma associata alla patologia disturba questa funzione contribuendo alla neurotossicità [si veda in G. Perrella, Appunti di Neurochimica. BM&L-Italia, Firenze 2006].

[2] Così denominato perché isolato per la prima volta da pecore infette da scrapie. La maggior parte dei ricercatori usa questo acronimo per indicare in generale l’isoforma patologica delle malattie trasmissibili, mentre una minoranza preferisce una maggiore precisione siglando, ad esempio, PrPCJD il prione nella malattia di Creutzfeldt-Jakob. La banca-dati internazionale delle proteine, per il polipeptide umano ha adottato la sigla PRNP e il nome prion protein [Homo sapiens]; sono numerosi i sinonimi in sigla e per esteso in inglese: CD230 antigen, PrP, PrP27-30, PrP33-35C, PRIP, ASCR, CJD, GSS, prion protein, prion related protein, major prion protein, etc.

 

[3] La trasmissione fra specie diverse incontra una “barriera”: Note e Notizie 25-10-08 I prioni e la barriera fra le specie.

[4] Non vi sono, però, evidenze che l’ossido-riduzione dei ponti disolfuro sia un meccanismo che opera in vivo.