Come
il cervello regola la sensibilità all'insulina del fegato
LUDOVICA R. POGGI
NOTE E
NOTIZIE - Anno VIII - 6 novembre 2010.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale
di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). La sezione
“note e notizie” presenta settimanalmente note di recensione di lavori
neuroscientifici selezionati dallo staff
dei recensori fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori
riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci afferenti
alla Commissione Scientifica, e
notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società
Nazionale di Neuroscienze.
[Tipologia del testo:
RECENSIONE]
Studi
recenti hanno dimostrato che i recettori della serotonina (5-idrossitriptamina
o 5-HT) 5-HT2C presenti nell’encefalo intervengono nella regolazione
dell’omeostasi del glucosio, ma non si sa molto dei meccanismi molecolari
sottostanti questa azione fisiologica. Ora, Yong Xu e collaboratori, hanno
condotto un’interessante sperimentazione che ha dimostrato che i neuroni ipotalamici secernenti pro-oppiomelanocortina (POMC) che esprimono i recettori 5-HT2C intervengono nella sensibilità all’insulina da parte degli epatociti e nell’omeostasi epatica del glucosio (Xu Y., et al.
5-HT2CRs expressed by pro-opiomelanocortin neurons regulate insulin
sensitivity in liver. Nature Neuroscience
[Epub ahead of print doi:10.1038/nn.2664], 2010).
I
ruoli fisiologici svolti dalla serotonina costituiscono un lungo elenco che
tende sempre ad accrescersi e non finisce mai di stupire i ricercatori. Insieme
con la regolazione dei ritmi circadiani, della temperatura, del sonno e del
tono dell’umore, l’intervento della 5-HT nella modulazione dell’assunzione di
cibo è fra le funzioni note da più tempo, tuttavia ancora non si dispone di un
preciso quadro molecolare delle sue azioni metaboliche. Gli studi farmacologici
hanno contribuito in modo decisivo all’affermarsi della convinzione che la
serotonina abbia un effetto inibitorio sul comportamento alimentare, fornendo
una grande messe di dati a dimostrazione della riduzione del consumo di
alimenti per l’azione di agonisti diretti o indiretti dei recettori
post-sinaptici e, per converso, documentando l’aumento della quantità di cibo
assunto per effetto degli inibitori della trasmissione serotoninergica. Si è
desunta l’azione dell’amina biogena come anoressizzante dall’attività della
fenfluramina (inibitore della ricaptazione che facilita anche il rilascio)[1]
e di altri inibitori della ricaptazione (SSRI) che inducono riduzione della
fame ed aumento della sazietà verosimilmente attraverso il bersaglio primario
dei neuroni del nucleo paraventricolare dell’ipotalamo. Al riguardo si è notato
che i recettori 5-HT1B sono implicati nella regolazione delle
dimensioni della singola razione che l’animale è in grado di assumere, mentre i
recettori 5-HT2C sembrano incidere sulla frequenza con la quale si
presenta la sensazione di fame.
I
recettori 5-HT2C sono membri della famiglia 5-HT2 (5-HT2A,
5-HT2B, 5-HT2C)[2],
caratterizzata dall’accoppiamento alla segnalazione a cascata della fosfolipasi
C attraverso la famiglia Gq/11 di proteine G, che implica l’idrolisi
del fosfatidil-inositolo di membrana e l’aumento del Ca2+
intracellulare. I recettori 5-HT2C sono presenti in altissima
densità nei plessi corioidei dei ventricoli cerebrali, ma sono concentrati
anche in aree del sistema limbico, quali ippocampo, setto e ipotalamo, oltre
che nella neocorteccia e in aree associate ai movimenti quali il nucleo pallido
e la sostanza nera. I 5-HT2C sono noti come mediatori delle
proprietà allucinogene di agonisti serotoninergici come la dietilammide
dell’acido lisergico (LSD).
Il
lavoro qui recensito nasce dalla collaborazione della Division of Hypothalamic
Research and Departments of Internal Medicine and Pharmachology, UT
Southwestern Medical Center (Dallas), con il Touchstone Diabetes Center, con il
Department of Pediatrics del Baylor College of Medicine di Houston e, infine,
con l’Harvard Medical School di Boston.
I
ricercatori hanno impiegato ceppi di topi ingegnerizzati in modo da renderli
privi dei recettori serotoninergici 5-HT2C e ne hanno studiato il
comportamento metabolico al livello epatico, verificando la risposta all’insulina. La sperimentazione ha reso con tutta evidenza la
manifestazione di resistenza epatica
all’insulina.
Il
fenotipo dei topi insulino-resistenti è stato sottoposto a studio accurato, ed
è risultato che la normalizzazione dei parametri fenotipici si aveva solo ristabilendo
l’espressione dei recettori 5-HT2C nei neuroni dell’ipotalamo
secernenti POMC.
Il
deficit di recettori 5-HT2C aboliva l’effetto antidiabetico della
metaclorofenilpiperazina, che agisce da 5-HT2C-agonista. Anche
questo effetto era ristabilito facendo nuovamente esprimere i recettori 5-HT2C
nei neuroni ipotalamici esprimenti POMC.
Questi
risultati indicano che i recettori 5-HT2C, espressi dai neuroni che
biosintetizzano il precursore degli oppiacei, sono regolatori fisiologicamente rilevanti della sensibilità all’insulina e
dell’omeostasi del glucosio nel fegato.
L’autrice della nota ringrazia il presidente Giuseppe
Perrella con il quale ha discusso l’argomento trattato.
[1] La D-fenfluramina sembra agire da anoressizzante soprattutto per gli effetti di un suo metabolita molto potente in questo senso, la D-norfenfluramina (si veda in G. Perrella, Appunti di Neurochimica. BM&L, Firenze 2006).
[2] Ricordiamo che il 5-HT2A corrisponde al recettore D di Gaddum e Picarelli. E’ importante rilevare che fino ad un passato recente il recettore 5-HT2C era siglato 5-HT1C e che, per la scarsa selettività delle molecole impiegate nella sperimentazione farmacologica, molti correlati fisiologici e clinici attribuiti ai 5-HT2A sono effetto della mediazione di 5-HT2B e 5-HT2C.