I
meccanismi molecolari della memoria di lungo termine
ROBERTO COLONNA
NOTE E
NOTIZIE - Anno VIII - 16 ottobre 2010.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale
di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). La sezione
“note e notizie” presenta settimanalmente note di recensione di lavori
neuroscientifici selezionati dallo staff
dei recensori fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori
riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci afferenti
alla Commissione Scientifica, e
notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società
Nazionale di Neuroscienze.
[Tipologia del testo:
TRASCRIZIONE DI UNA REGISTRAZIONE]
Il gruppo
strutturale per lo studio della memoria e dell’apprendimento di
BM&L-Italia, lo scorso venerdì 8 ottobre, ha tenuto in Firenze un incontro
sulla storia recente delle ricerche che hanno portato alla scoperta dei
principali meccanismi della memoria. In larga misura incentrato sulla relazione
della professoressa Nicole Cardon che ha narrato in dettaglio i passi che
portarono all’accertamento dei principali processi connessi con il formarsi
delle tracce di breve termine, l’incontro è stato concluso dalla trattazione
dei meccanismi della memoria di lungo termine da parte del professor Perrella.
Della registrazione di quest’ultimo intervento proponiamo qui di seguito la
trascrizione di un ampio stralcio. La
scelta di evidenziare alcune parole del testo è del curatore della nota.
(Prima
Parte)
Mi
è stato assegnato il compito di proporvi una ricostruzione delle principali
tappe che portarono alla scoperta dei meccanismi molecolari della memoria di
lungo termine nel mollusco Aplysia[1]
da parte di Eric Kandel e dei suoi collaboratori: un’acquisizione di
fondamentale importanza per la neurobiologia molecolare, seguita
all’accertamento dei processi alla base della memoria di breve termine, che vi
sono stati così bene illustrati dalla collega Nicole Cardon. E, proprio
riprendendo i temi della relazione che abbiamo appena ascoltato, vorrei fare
qualche piccola aggiunta in riferimento ai protagonisti di quella fortunata
stagione della ricerca.
Accertato
che l’apprendimento nel mollusco ha bisogno di due circuiti, uno mediatore ed uno modulatore - il cui interneurone mediante il
rilascio di serotonina regola la forza delle connessioni sinaptiche variate
dall’abitudine e dalla sensibilizzazione - i ricercatori si
concentrarono sul meccanismo molecolare della conservazione della risposta per
un tempo limitato. Ma, come si arriva all’AMP-ciclico? Earl Sutherland aveva
dimostrato che l’adrenalina, agendo sulla superficie delle cellule muscolari ed
adipose, era in grado di determinare cambiamenti di lunga durata associati ad
un aumento di cAMP. Sutherland in quel periodo aveva individuato una nuova
classe di recettori e, ben presto, riuscì a dimostrare che le molecole da lui
scoperte, quando attivate dal ligando, davano luogo ad una segnalazione
endocellulare che aveva l’AMP-ciclico come mediatore: considerando l’adrenalina
un messaggero extracellulare, definì
l’AMP-ciclico secondo messaggero.
Da
non molto tempo Bernard Katz aveva scoperto i recettori ionotropici, ossia
quelle proteine recettoriali che hanno al loro interno un canale ionico il cui
varco si può aprire per effetto del legame di un neurotrasmettitore, dando
luogo alla conversione di uno stimolo chimico in stimolo elettrico. Per
distinguerli da questi, i recettori di Sutherland furono definiti metabotropici.
Quando
una molecola di un messaggero chimico come l’adrenalina si lega a un recettore
metabotropico, questo induce l’adenil-ciclasi a produrre un migliaio di molecole di AMP-ciclico che, legandosi a
proteine-chiave, innescano una serie di reazioni biochimiche in tutta la
cellula, col risultato di una notevole amplificazione della risposta cellulare
che, anche in termini temporali, costituisce un processo della durata anche di svariati
minuti. Mentre l’azione mediata dai recettori ionotropici dura solo alcuni
millisecondi, l’azione metabotropica si estende in un intervallo di tempo che
va dai secondi ai minuti, ossia è da 1000 a 10.000 volte maggiore in ordine di
grandezza temporale.
La
professoressa Cardon vi ha mostrato il modo in cui l’AMP-ciclico produce i suoi
effetti ad ampia diffusione, vorrei aggiungere che fu Ed Krebs per primo, nel
1968, ad identificare l’enzima al quale si lega il secondo messaggero
attivandolo: la proteinchinasi
AMP-ciclico dipendente, oggi chiamata proteinchinasi
A, perché è stata la prima ad essere scoperta. Come ben sapete, le chinasi
agiscono legando una molecola di fosfato alle proteine, ossia le fosforilano:
la fosforilazione attiva alcune
molecole e ne disattiva altre. Fu Krebs a scoprire che la fosforilazione è in
genere rapidamente reversibile, potendo fungere da vero e proprio interruttore molecolare che accende e spegne la funzione di tante molecole
proteiche.
Paul
Greengard iniziò ad indagare l’esistenza dei recettori metabotropici nel
cervello. In quel periodo Arvid Carlsson, che nel 1958 aveva scoperto che la dopamina
è un neurotrasmettitore cerebrale, aveva dimostrato nel coniglio che la
riduzione di dopamina nigrostriatale causava sintomi parkinsoniani. Paul
Greengard, in base agli studi di Carlsson, decise di cominciare dalla dopamina
per indagare i recettori metabotropici dei neuroni cerebrali e, infatti,
accertò che un recettore dopaminergico stimolava un enzima in grado di attivare l’AMP-ciclico e la proteinchinasi
A.
Seguendo
questa traccia, Eric Kandel e Jimmy Schwartz scoprirono, sempre in Aplysia, che nella forma di memoria
chiamata sensibilizzazione è la
serotonina rilasciata dall’interneurone ad attivare l’AMP-ciclico.
La
prima diretta conferma della partecipazione del secondo messaggero ai
meccanismi molecolari della memoria di breve termine si deve all’Italiano
Marcello Brunelli che nel 1976, da giovane ricercatore in periodo post-dottorato,
si unì al gruppo di Kandel. Brunelli sottopose a verifica l’ipotesi che il
legame della serotonina con i recettori del neurone sensoriale, innalzando
l’AMP-ciclico, avrebbe incrementato di molto la quantità di glutammato rilasciato
da questa cellula nella sinapsi con il motoneurone. Infatti, iniettando
direttamente il secondo messaggero nel neurone sensoriale, si aveva un aumento
del rilascio di glutammato con una accresciuta forza della sinapsi e, in tal
modo, si riproduceva la condizione molecolare causata dalle scosse applicate alla
coda del mollusco.
A
questo punto la collaborazione di Kandel, Schwartz e Greengard consentì di
stabilire che l’AMP-ciclico produce i suoi effetti sulla memoria attraverso la
proteinchinasi A[2].
Mi
scuso per questa incursione in territorio di memoria di breve termine, ma credo
di poter essere giustificato, non tanto per i dettagli che ho aggiunto, quanto
per il ricambio di cortesia alla professoressa Cardon che ha diffusamente
parlato anche di meccanismi molecolari della conservazione delle risposte di
lungo termine.
Mi
piace ricordare che allo studio dei meccanismi molecolari della memoria sulla
chiocciola di mare si era giunti dopo la dimostrazione che, in sistemi nervosi
semplici e al livello di singole cellule nervose, esiste un paradigma di breve
e lungo termine come per la nostra memoria e, pertanto, era opinione diffusa
fra i ricercatori che la comprensione dei processi che consentono a un piccolo
organismo di conservare e ripetere una risposta, avrebbe consentito di
comprendere la memoria umana. E’interessante notare come questa svolta negli
studi sulla memoria abbia un diretto riscontro nella biografia di Eric Kandel,
il quale lasciò lo studio dell’ippocampo dei mammiferi, sede elettiva dei
principali processi di memoria ed apprendimento nel nostro cervello, per
dedicarsi alla sperimentazione su Aplysia
californica. La scelta non fu facile, sia perché si trattava di lasciare i
National Institutes of Health (NIH) dove aveva la possibilità di incontrare
annualmente tutti i maggiori neuroscienziati del tempo, sia perché fu
apertamente disapprovato da una personalità del calibro di Sir John Eccles. Ma,
come lo stesso Kandel ha più volte raccontato, tre fattori lo sostennero nella
sua decisione: primo, secondo il principio di Kuffler-Grundfest, per lo studio
di ogni problema biologico c’è un organismo adatto, e Aplysia aveva tutti i requisiti; secondo, in
quegli anni era diventato un biologo cellulare in grado di studiare il
funzionamento delle singole cellule durante l’apprendimento; terzo, la felice
esperienza del matrimonio con la moglie Denise gli aveva infuso coraggio e
fiducia nell’intraprendere una nuova avventura esistenziale.
Quando
si accertò che la conservazione di breve durata di una risposta riflessa
indotta nel mollusco era dovuta ad una sequenza di passi mediata dal secondo
messaggero, fu subito chiaro che la conservazione stabile e protratta avrebbe
implicato una diversa tipologia di processi. La ricerca aveva evidenziato due
punti fermi per la memoria di lungo termine: lo sviluppo di nuove connessioni
sinaptiche e la dipendenza dalla sintesi di nuove proteine.
Philip
Goelet, giovane ricercatore che aveva lavorato con Sidney Brenner presso il
Medical Research Council Laboratory di Cambridge, in quel periodo (1985) giunse
alla Columbia ed aiutò Kandel a sviluppare un’ipotesi genetica fondata sul
modello dell’operon lattosio di Escherichia coli, che era valso il Nobel
a Jacob e Monod: segnali provenienti dall’ambiente di una cellula attivano le
proteine regolatrici di un gene modificando l’espressione di quel gene, allo
stesso modo gli eventi ripetuti che portano alla formazione di una memoria
potrebbero agire inviando al nucleo segnali per i geni regolatori che
codificano le proteine regolatrici attive sui geni effettori responsabili della
crescita sinaptica.
Tale
ipotesi forniva una spiegazione ad un risultato sperimentale consolidato: se si
blocca la sintesi delle proteine in un periodo critico per l’apprendimento -
ossia durante o subito dopo - non si ha
più né la formazione di nuove connessioni sinaptiche né la conversione della
memoria da breve a lungo termine. Un compendio della teoria genetica della
memoria di lungo termine di Goelet e Kandel fu pubblicato nel 1986 su Nature[3].
In questo articolo si affermava che se l’espressione genica era necessaria per
la conversione in memoria di lungo termine, la sinapsi stimolata
dall’apprendimento doveva inviare segnali
al nucleo per indurre l’attivazione di specifici geni regolatori. Sulla
base degli studi precedenti che avevano individuato AMP-ciclico e
proteinchinasi A come mediatori della memoria di breve termine, Goelet e Kandel
supposero che per la conversione di lunga durata la chinasi si spostasse nel
nucleo.
La
verifica sperimentale comportava che si stabilisse la natura del segnale
inviato al nucleo e, successivamente, gli eventi genetici. A questo scopo, i
ricercatori crearono in coltura un piccolo sistema semplificato consistente in
un mini-circuito di due neuroni: la cellula sensitiva pre-sinaptica e quella
motoria post-sinaptica. Fu di fondamentale importanza, in questa fase, la
collaborazione di Roger Tsien dell’Università della California a San Diego,
perché questi aveva elaborato un metodo molto efficace per la visualizzazione
dell’AMP-ciclico e della proteinchinasi A nei neuroni.
Sui
due neuroni in coltura si rilevò che un singolo impulso causato da un’iniezione
di serotonina determinava l’innalzamento di AMP-ciclico e proteinchinasi A
quasi esclusivamente in corrispondenza della sinapsi, mentre gli impulsi
ripetuti che simulavano le serie in grado di generare memoria di lungo termine,
si accompagnavano a concentrazioni molto più elevate e diffuse del secondo
messaggero che inducevano la proteinchinasi A a spostarsi nel nucleo.
Studi
successivi dimostrarono che la proteinchinasi A si avvale di un’altra proteina
fosforilatrice, la MAP chinasi[4],
molecola connessa con la crescita sinaptica e in grado di migrare nel nucleo.
Dunque,
Kandel e i suoi collaboratori avevano stabilito che l’addestramento cui
sottoponevano l’Aplysia era in grado di formare memorie di lungo termine
attraverso lo spostamento nel nucleo di molecole-segnale costituite da chinasi.
Cosa
fanno le chinasi nel nucleo? La risposta fu suggerita da altri studi condotti
su cellule diverse dai neuroni: la proteinchinasi A può attivare una proteina
regolatrice chiamata CREB, da cyclic AMP
response element-binding, ossia si lega al fattore di risposta
all’AMP-ciclico che è un promotore. CREB poteva quindi rappresentare la
molecola fondamentale nella conversione del rafforzamento sinaptico di breve
termine in uno di lungo termine con lo sviluppo di nuove connessioni.
Nel
1990, con l’apporto di Dash ed Hochner, si scoprì che CREB è presente nei
neuroni di Aplysia ed è essenziale per il rinforzo funzionale di lunga durata
delle connessioni sottostanti la memoria di sensibilizzazione.
Fu
Dusan Bartsch, ricercatore molto preparato in ambito tecnico, a dimostrare che
la semplice iniezione nel nucleo dei neuroni sensoriali di CREB fosforilata
dalla proteinchinasi A, era sufficiente ad attivare i geni che producono la
facilitazione di lungo termine. Interessante notare che la specificità di CREB
era comprovata dal fatto che il blocco della sua azione in neuroni in coltura
impediva il formarsi della memoria di lungo termine, ma non interferiva con
quella di breve durata.
L’insieme
dei risultati sperimentali consentiva, all’inizio degli anni Novanta, di
definire questo quadro: la serotonina agisce sul neurone sensoriale aumentando
l’AMP-ciclico e inducendo la proteinchinasi A e la MAP chinasi ad entrare nel
nucleo e ad attivare CREB che agisce sull’espressione genica modificando
struttura e funzione del neurone.
Nel
1995 Dusan Bartsch fece una scoperta straordinaria: CREB esiste in due forme
che attuano la regolazione genica per la formazione della memoria di lungo
termine secondo il classico modello di Jacob e Monod. La prima forma, chiamata
CREB1, attiva l’espressione genica, mentre la seconda, CREB2, la sopprime.
Negli esperimenti si verificava che la stimolazione ripetuta in grado di
determinare il formarsi di una risposta di lunga durata e della migrazione nel
nucleo degli enzimi, induceva l’azione della proteinchinasi A su CREB1 e della
MAP chinasi su CREB2, con l’accensione di alcuni geni e lo spegnimento di
altri.
Grazie
al creativo e brillante Bartsch si era delineato un modello funzionale che al
livello molecolare sembrava riprodurre una schema già attuato al livello
cellulare: due proteine che inducono espressione o repressione di geni
necessari al formarsi di una memoria stabile ricordano la regolazione
dell’attività di un neurone mediante segnali eccitatori ed inibitori. In
realtà, risultò ben presto evidente che l’azione combinata delle due forme di
CREB costituisce una soglia per l’immagazzinamento mnemonico, direi secondo un
principio di economia ed ordine del sistema nervoso che seleziona le memorie in
funzione dei vantaggi adattativi implicati dai meccanismi originati dalla
storia evolutiva e filogenetica dell’organismo. D’altra parte l’interruttore
della memoria di lungo termine costituito da CREB, allo stesso modo dei
meccanismi della memoria di breve termine, si è rivelato identico nelle
numerose specie animali indagate[5].
Si pensi che, nello stesso anno della scoperta di Bartsch (1995), Tim Tully, un
genetista del comportamento, lavorando
col genetista molecolare Jerry Yin, accertò che le proteine CREB sono
essenziali nel moscerino della frutta e dell’aceto Drosophila melanogaster per la formazione delle memorie di lungo
termine, secondo il paradigma delle CREB attivatrici e soppressorie individuato
in Aplysia. Gli studi successivi
identificarono CREB anche nella nostra specie, contribuendo a rafforzare il
convincimento di Eric Kandel che i suoi studi avevano identificato processi
biologicamente universali.
Gli
esperimenti condotti in quel periodo avevano combinato l’analisi del
comportamento animale, per verificare il formarsi delle memorie, prima con gli
studi cellulari e poi con quelli molecolari, contribuendo a creare il primo
nucleo di una biologia molecolare dei
processi mentali elementari.
Il
prosieguo dello studio della memoria di lungo termine presso il laboratorio di
Kandel è segnato dall’arrivo di Kelsey Martin, un’ottima biologa cellulare di
Harvard laureata in medicina a Yale, che contribuì a creare un sofisticato
sistema di coltura cellulare col quale si affrontò il seguente dilemma: poiché
l’azione di CREB si esercita nel nucleo sul DNA, dovrebbe avere effetti su
tutte le sinapsi, ma visto che agisce solo su quelle sottoposte a stimoli
ripetuti, deve esistere un sistema che consente al neurone di distinguere fra le
sue giunzioni quali vanno rinforzate per la memoria di lungo termine e quali
vanno lasciate allo stato di base. In altre parole, le chinasi non arrivano al
nucleo con l’indicazione della sinapsi di provenienza per ottenere una risposta
al mittente in “busta chiusa”.
In
effetti, un singolo neurone sensoriale di Aplysia ha circa 1200 terminazioni sinaptiche
e stabilisce contatti con 25 cellule bersaglio: come fa a computare le
differenze nella gestione genetica di tante giunzioni conservando la
specificità di ciascuna?
[Continua]
La seconda ed ultima parte della relazione sarà pubblicata
la prossima settimana.
[1] L’Aplysia è stata citata per la prima volta da Plinio il Vecchio nella sua Historia Naturalis (I secolo d. C.) come Lepus marinus o lepre di mare, nome col quale la indica anche Galeno, a motivo della sua vaga somiglianza con una lepre quando assume una stazione che la fa apparire seduta. Kandel ha sperimentato per quasi tutta la sua carriera su Aplysia californica, che presenta esemplari di oltre 30 centimetri con neuroni molto grandi, ma altri ricercatori hanno impiegato altre specie, quali l’europea Aplysia depilans [nota del Relatore].
[2] A beneficio del lettore, completiamo questo excursus con un brano tratto dalla relazione di Nicole Cardon: Steven Siegelbaum, biofisico specializzato nello studio delle proprietà dei singoli tipi di canali ionici, unitosi a Kandel e ai suoi collaboratori della Columbia University, scoprì uno dei bersagli dell’AMP-ciclico e della proteinchinasi A: un canale ionico del K+ che reagisce alla serotonina ed è presente in gran copia nella membrana dei neuroni sensoriali di Aplysia. Per decisione unanime del gruppo di ricerca, si convenne di battezzare “canale S” il recettore, senza uscire dall’ambiguità del significato della lettera che, indifferentemente, può essere l’iniziale di serotonina, Steve o Siegelbaum. In condizioni basali il canale S è aperto e contribuisce al potenziale di riposo della membrana della cellula nervosa. Siegelbaum scoprì che il canale è presente nelle terminazioni presinaptiche e che si poteva indurre a chiudersi sia con l’applicazione della serotonina (primo messaggero), sia con l’iniezione di cAMP (secondo messaggero) o proteinchinasi A. La chiusura del canale S causa il potenziamento sinaptico lento e l’aumento del rilascio di glutammato.
[3]
Goelet P., et al. The long and short of long-term memory – a molecular
framework. Nature 322, 419-422, 1986.
[4] MAP è acronimo di mitogen activated protein, una proteina attivata da mitogeno, molecola che induce le cellule a dividersi.
[5] Lavori sistematici sono stati condotti su moscerini, api, roditori e sull’uomo stesso.