Plasticità
cerebrale indotta da esercizio: limiti e sfide
ROBERTO COLONNA
NOTE E
NOTIZIE - Anno VIII - 9 ottobre 2010.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale
di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). La sezione
“note e notizie” presenta settimanalmente note di recensione di lavori
neuroscientifici selezionati dallo staff
dei recensori fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori
riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci afferenti
alla Commissione Scientifica, e
notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società
Nazionale di Neuroscienze.
[Tipologia del testo:
RESOCONTO DI UN INCONTRO DI AGGIORNAMENTO]
La
capacità di apprendimento e la plasticità strutturale sono due proprietà fondamentali del sistema nervoso
centrale che si manifestano ad ogni livello di indagine, da quello molecolare a
quello dei più alti sistemi alla base della cognizione, e che direttamente o
indirettamente partecipano a tutti i principali processi neurofisiologici.
L’esperienza della vita quotidiana e la realtà clinica ci pongono costantemente
sotto gli occhi condizioni in cui l’apprendimento indotto da esercizio,
associato ad una modificazione della base neurale esercitata, ha un’importanza
cruciale: l’apprendimento di una nuova lingua o di un nuovo stile di vita, la
ridefinizione e l’acquisizione di nuove competenze da parte di un cervello che
invecchia, il recupero di funzioni perdute dopo danno cerebrale da ictus o da
trauma. Tutta l’educazione e l’istruzione si basano su acquisizioni che
implicano sviluppo e rimaneggiamento morfo-funzionale; così, ogni forma di
riabilitazione che riguardi il sistema nervoso centrale, può essere concepita
come un apprendimento in condizioni patologiche
che mira a sfruttare proprietà plastiche per compensare deficit funzionali.
Si
comprende quanto interesse susciti da parte di ricercatori ed operatori clinici
conoscere lo stato di avanzamento delle ricerche in questo campo che, a
differenza della ricerca di base sulla plasticità e sulla rigenerazione
neurale, non gode in ambito internazionale di grande considerazione, sostegno
economico e, conseguentemente, spazio per la comunicazione scientifica. Vari
gruppi strutturali di BM&L-Italia hanno contribuito alla realizzazione di
uno “stato dell’arte” in questo campo[1],
che è stato proposto in un incontro tenutosi a Firenze lo scorso venerdì 8
ottobre. I lavori, presieduti dalla professoressa Diane Richmond, sono stati
introdotti da una relazione del professor Giovanni Rossi e sono poi proseguiti
con interventi dei dottori Lorenzo L. Borgia, Maurizio Gordio, Fausto
Benincasa, Giovanna Rezzoni, Ludovica R. Poggi, Falco Mannini, Elisa Zanobini e
Andrea Catani. E’ intervenuto, per le conclusioni, il professor Perrella,
presidente della Società Nazionale di Neuroscienze.
In
sintesi, qui di seguito, riportiamo i principali temi e problemi della ricerca
sulla plasticità cerebrale indotta da esercizio.
1)
L’apprendimento è criticamente dipendente dall’esperienza vissuta e
dall’ambiente in cui è immerso colui che apprende. Di qui gli studi volti a
stabilire le migliori condizioni del soggetto (ad es.: stato di serenità e
buona motivazione in cui si esprimono attenzione e concentrazione senza allarme,
ansia o paura) e la scelta dei tipi di esperienza e di ambiente che possano
stimolare la plasticità[2]
e favorire i processi di registrazione, conservazione e consolidamento delle
tracce apprese. In questo ambito, se si sono ottenute molte conferme per criteri
e nozioni di base, i risultati per le nuove e più approfondite valutazioni sono
risultati spesso contraddittori. Infatti, se le verifiche sulla motivazione
hanno dato conferme dell’impostazione classica introdotta da Vygotsky nel 1978,
lo studio dell’arousal mediante videogames ha prodotto risultati che
contraddicono i tradizionali paradigmi di apprendimento.
2)
Non tutti i miglioramenti nelle prestazioni ottenuti nelle condizioni
sperimentali sono tanto duraturi da poter essere considerati rilevanti.
3)
Le condizioni che ottimizzano l’apprendimento durante la fase di acquisizione non necessariamente
coincidono con quelle che ottimizzano la ritenzione.
4)
Nell’adulto le potenzialità della trasferizzazione,
ossia del trasferimento di un’abilità appresa nello svolgimento di un compito
ad un compito diverso ma paradigmaticamente simile, sono molto scarse. Infatti
l’apprendimento, nella maggior parte delle sue forme, nelle verifiche
sperimentali si conferma sempre più come un processo altamente specifico che solo
raramente consente il trasferimento di una competenza da un compito ad un altro
o da un “esercizio-modello” ad una condizione di vita reale.
Per fare fronte a questi limiti si stanno
realizzando ambienti di apprendimento
complessi, dai quali
si spera potranno venire progressi nello sviluppo della capacità di apprendere
in situazioni di vita reale.
[1]
Si consiglia, a chi voglia introdursi a questo campo, la lettura di Daphne
Bavelier et al. Exercising Your
Brain: Training-Related Brain Plasticity. In Michael S. Gazzaniga (editor in chief), The
Cognitive Neurosciences, pp. 153-164, The MIT Press, Cambridge, Mass.,
2009.
[2] Si vedano nelle “NOTE E NOTIZIE” le numerose recensioni di lavori sugli stimoli in grado di favorire la neurogenesi e si veda, nella sezione “IN CORSO”, a proposito della neurogenesi connessa con l’apprendimento e della sopravvivenza dei nuovi neuroni: “I nuovi neuroni sono tenuti in vita dall’apprendimento”.