Come
le emozioni facilitano la formazione e il recupero delle memorie dichiarative
LORENZO L. BORGIA
NOTE E
NOTIZIE - Anno VIII - 25 settembre 2010.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale
di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). La sezione
“note e notizie” presenta settimanalmente note di recensione di lavori
neuroscientifici selezionati dallo staff
dei recensori fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori
riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci afferenti
alla Commissione Scientifica, e
notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società
Nazionale di Neuroscienze.
[Tipologia del testo:
RESOCONTO DI UN INCONTRO DI AGGIORNAMENTO]
Il
gruppo strutturale per lo studio della memoria e dell’apprendimento di
BM&L-Italia, lo scorso martedì 21 settembre, ha tenuto in Firenze un
incontro di aggiornamento sull’influenza delle emozioni nella formazione e
nella rievocazione dei ricordi appartenenti alla memoria dichiarativa[1].
Qui di seguito riportiamo un resoconto, in estrema sintesi concettuale, dei
principali argomenti proposti dai relatori, rimandando per il dettaglio di
nozioni, dati sperimentali e bibliografia, alle singole relazioni che saranno
presto a disposizione dei soci.
Emozioni
intense, come la paura indotta da una minaccia per la nostra vita, sono in
grado di disturbare temporaneamente, ma talvolta
gravemente, la nostra capacità di ricordare dati, nomi e nozioni, così come
fatti ed eventi autobiografici, ossia compromettono per breve tempo la
rievocazione di ricordi che appartengono alla memoria dichiarativa nelle sue componenti semantica ed episodica. Quando
l’evento in grado di attivare i sistemi che mediano la risposta alle emozioni è
straordinariamente intenso, in persone predisposte può causare un’acuta perdita
di memoria nella forma della dissociazione
da trauma, e condizionare lo sviluppo di sindromi psichiatriche quali i disturbi post-traumatici da stress acuti
e cronici, che includono sintomi da
alterazione della normale fisiologia della memoria. Eppure, in generale,
l’effetto prevalente delle emozioni sulla registrazione e la rievocazione dei
ricordi è positivo: è esperienza comune che in circostanze
che esercitano sulla nostra mente un’azione di stimolo che vada oltre la
semplice sollecitazione cognitiva, fissiamo particolari e dettagli che
altrimenti ci sarebbero sfuggiti; ed è anche ben presente a ciascuno di noi che
il ricordo di episodi autobiografici rilevanti in termini affettivo-emotivi,
persiste molto più a lungo e ci appare temporalmente più prossimo di quello relativo
a fatti e circostanze che abbiamo vissuto come neutri. La contraddizione è più
apparente che reale, se consideriamo che al termine “emozione” ordinariamente
si attribuisce un significato molto generico, che include stati neurofunzionali
differenti, mediati, in parte o in toto,
da circuiti cerebrali diversi, così come da vari assetti neuroendocrini e
neurovegetativi in una gamma che va da stati tossici per l’organismo,
generalmente associati ad alti tassi di cortisolo ed altri mediatori dello stress, eccitazione dell’ortosimpatico e
riduzione delle difese immunitarie, fino a stati globalmente favorevoli per la
fisiologia dell’organismo, caratterizzati da una prevalenza del parasimpatico,
da un maggior rilascio di endorfine e da un aumento di efficienza immunitaria.
In
attesa, dunque, che il progredire delle conoscenze ci fornisca elementi per una
classificazione diacritica delle emozioni, con denominazioni tipologiche
corrispondenti a specifici quadri funzionali dell’organismo[2],
ci riferiremo genericamente con il termine “emozione” a stati neurofunzionali
che hanno base costante nell’attività dei circuiti dell’amigdala e
dell’ippocampo e base variabile in tutti gli altri centri ed aree del sistema
nervoso centrale che le evidenze sperimentali hanno associato alla mediazione
delle emozioni più studiate[3].
Gli
effetti positivi degli stati emozionali sembra si possano ascrivere a
particolari interazioni fra processi neurali specifici
degli stati emotivi e processi sensoriali e mnemonici di carattere generale.
Tali interazioni si verificano in tutte
le fasi che portano
alla formazione e al reimpiego di memorie.
Numerosi
esperimenti hanno dimostrato che l’emozione accresce l’efficienza della percezione e dell’attenzione durante la codifica e aumenta la probabilità che
un’informazione sia ulteriormente elaborata ed organizzata. Una mole non meno
cospicua di prove sperimentali sostiene l’evidenza di una modulazione emozionale
positiva delle fasi di consolidamento post-codifica, consistente nel
rendere estremamente più probabile che un evento sia ritenuto e conservato
nella forma di una traccia stabile e durevole. Anche sulla rievocazione si è dimostrato, oltre ogni dubbio, un effetto di rinforzo
da parte dell’emozione: oltre ad accrescere la probabilità che un’informazione
sia recuperata, si determina il marcato effetto soggettivo di essere in
possesso di un ricordo più vivido, presente, incisivo ed in grado, a sua volta,
di generare emozione.
Ricapitoliamo
nello schema che segue i principali risultati che appaiono concordanti nelle maggiori
ricerche.
CODIFICA
L’emozione
influenza nei modi seguenti la codificazione dell’informazione:
1)
modula positivamente il rilievo
dell’informazione o detection
(influenza a
mediazione temporo-occipitale);
2)
modula positivamente l’allocazione
dell’attenzione (influenza
mediata dal sistema
orbitofrontale-cingolato-caudato);
3)
modula positivamente l’elaborazione e l’organizzazione
dell’informazione (influenza
mediata dal sistema prefrontale).
CONSOLIDAMENTO
1) L’emozione modula positivamente il consolidamento mediante interazioni
amigdala-ippocampo.
2) Processi
dipendenti dal sonno
sembrano influenzare il consolidamento delle memorie.
RIEVOCAZIONE
L’emozione
esercita un effetto di modulazione positiva sui processi di ricerca per la rievocazione, su quelli di recupero dell’informazione e di ricapitolazione, come sul monitoraggio del recupero stesso. La base
neurale di questo effetto non è ancora bene definita.
Al
termine della presentazione di numerosi lavori originali e reviews, che hanno stimolato numerose domande sui metodi, sugli
obiettivi e sui risultati delle maggiori e più recenti ricerche, si è
sviluppato un interessante dibattito al quale hanno preso parte, oltre ai soci
membri del gruppo di studio, Diane Richmond, Nicole Cardon, Giovanni Rossi e
Ludovica Poggi, che hanno proposto numerose osservazioni e spunti in chiave
critica, soprattutto per ciò che concerne i lavori basati su interpretazioni,
talvolta opinabili talaltra molto discutibili, di rilievi fMRI.
L’autore della nota invita alla lettura degli scritti di
argomento connesso che compaiono su questo sito.
[1] Per una classificazione dei tipi di memoria su base neurofunzionale, si veda la scheda introduttiva dell’incontro di aggiornamento dal titolo “La Memoria e il Sonno” nella sezione “AGGIORNAMENTI” del sito.
[2] Si veda, in proposito, il capitolo sullo stress e gli stati emozionali in G. Perrella, Appunti di Neurochimica. BM&L-Italia, Firenze 2006.
[3] Per un’introduzione agli studi sperimentali sulle emozioni si raccomanda la lettura dei manuali, dei saggi e dei lavori scientifici di Joseph Le Doux e della sua scuola, nei quali si coniuga il rigore neurobiologico ad una visione più ampia derivante da una vasta competenza in neurofisiologia e neuropsicologia sperimentale, campo dal quale proviene Le Doux che, con Michael Gazzaniga, Jeffrey Holtzman e John Sitdis, ha fatto parte del team guidato dal premio Nobel Roger Sperry e reso celebre dallo studio di pazienti con cervello diviso.