Nuova strategia neuroprotettiva per la malattia di Parkinson

 

 

GIOVANNI ROSSI

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno VIII - 18 settembre 2010.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). La sezione “note e notizie” presenta settimanalmente note di recensione di lavori neuroscientifici selezionati dallo staff dei recensori fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci afferenti alla Commissione Scientifica, e notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società Nazionale di Neuroscienze.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

La ricerca sulla patogenesi molecolare della malattia di Parkinson continua a ritmi febbrili in tutto il mondo, tuttavia autentiche novità e progressi apprezzabili, soprattutto in funzione terapeutica, non si registrano da molto tempo, e ci si accontenta di piccoli passi nella conoscenza di nuovi meccanismi che stanno lentamente cambiando il quadro patologico trasmesso dall’insegnamento accademico. Uno di questi elementi relativamente nuovi è costituito dall’alterazione della regolazione dell’autofagia. Crescenti evidenze a sostegno dell’importanza di questo processo nella malattia di Parkinson sono state fornite da numerosi gruppi che attualmente continuano ad esplorare la reale incidenza di tale squilibrio lisosomiale nella patogenesi del danno.

In questo ambito, un lavoro molto ben condotto da Miquel Vila e collaboratori del Neurodegenerative Diseases Research Group del CIBERNED di Barcellona, del 3D Laboratory (Development, Differentiation & Degeneration) dello Spanish National Research Council di Madrid e dell’ICREA di Barcellona,  è stato pubblicato lo scorso 15 settembre sul Journal of Neuroscience (Dehay B., et al. Pathogenetic Lysosomal Depletion in Parkinson’s Disease. Journal of Neuroscience 30 (37), 12535-12544, 2010).

L’insieme della degradazione delle proteine citoplasmatiche, inclusa l’α-sinucleina, e degli organuli cellulari quali i mitocondri, è ottenuto mediante un processo noto come macroautofagia, che implica il sequestro di costituenti del citosol negli autofagosomi (AP, da autophagosomes), ossia formazioni vescicolari che si costituiscono grazie ad una membrana originata dal reticolo endoplasmico che, fondendosi con quella dei lisosomi, danno origine agli autofagolisosomi in cui gli enzimi litici lisosomiali sono liberi di attaccare le strutture molecolari da demolire. Accumuli di AP sono stati riscontrati in campioni post-mortem del cervello di pazienti affetti da malattia di Parkinson, ed attribuiti ad induzione dell’autofagia, ma non si è finora stabilito il reale significato fisiopatologico di questo reperto e il suo rapporto con i meccanismi del danno che porta alla perdita dei neuroni dopaminergici nigro-striatali, con le ben note conseguenze sintomatiche.

Il team di ricercatori spagnoli ha studiato il fenomeno nel noto modello sperimentale della malattia di Parkinson costituito dai topi 1-metil-4-fenil-1,2,3,6-tetraidropiridina, rilevando che l’accumulo di AP e la morte dei neuroni dopaminergici della substantia nigra è preceduto da una marcata riduzione dei lisosomi all’interno delle stesse cellule nervose mesencefaliche elettivamente colpite dalla patologia.

Il vaglio sperimentale ha identificato la causa di questa drastica perdita di vescicole litiche in un’anomala permeabilizzazione delle membrane lisosomiali, indotta da un aumento di specie reattive dell’O2 di origine mitocondriale. E’ emerso dalla sperimentazione che tale alterazione della permeabilità determinava un deficit della clearance con il conseguente accumulo di AP non degradati e contribuiva direttamente alla neurodegenerazione mediante il rilascio ectopico di proteasi lisosomiali nel citosol.

Anche nelle cellule dopaminergiche di campioni autoptici di cervello umano affetto da malattia di Parkinson, si poteva osservare il crollo dei lisosomi e l’accumulo di AP, oltre all’intensa immunoreattività per i markers di AP dei corpi di Lewy.

Vila e colleghi hanno allora sperimentato l’effetto della biogenesi lisosomiale su questo quadro. A questo scopo hanno indotto l’attivazione prima genetica e poi farmacologica del fattore di trascrizione lisosomiale EB, ottenendo in entrambi i casi il ristabilirsi dei livelli fisiologici di lisosomi, l’aumento della clearance di AP e l’attenuazione della morte cellulare indotta da 1-metil-4-fenil-1,2,3,6-tetraidropiridina.

E’ stato allora sottoposto a verifica, sia in vivo che in vitro, l’effetto della rapamicina che agisce accrescendo e intensificando l’autofagia: il composto ha ridotto la neurodegenerazione dopaminergica collegata con la malattia di Parkinson ristabilendo i livelli normali di lisosomi.

I risultati di questo studio indicano che l’accumulo di AP nella malattia di Parkinson deriva da un difetto della clearance di AP mediata dai lisosomi, per deficit di questi organuli.

Su questa base si può concepire una nuova strategia neuroprotettiva consistente nel ristabilire i livelli fisiologici nel numero e nell’attività dei lisosomi.

 

L’autore della nota invita alla lettura delle note di argomento connesso che compaiono su questo sito.

 

Giovanni Rossi

BM&L-18 settembre 2010

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

 

 

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